Uno sguardo dal ponte, Popolizio combatte con la gelosia

“Uno sguardo dal ponte” di Arthur Miller, in scena al teatro Argentina con la regia di Massimo Popolizio ci racconta gli anni ‘50 nell’America dei migranti italiani e il conflitto tra generazioni.
La pace apparente di un’onesta famiglia italo-americana viene ben presto frantumata con l’arrivo di due migranti siciliani, cugini loro ospiti che cercano lavoro, fortuna e riscatto a New York. Eddie Carbone, il personaggio interpretato da Popolizio, già dimostratosi in precedenza geloso della propria nipote
accudita come una figlia, incorre in antipatia verso il più giovane dei due migranti, “il biondo” che manifesta un interesse corrisposto dalla ragazza. Sono proprio le caratteristiche artistiche e comiche del ragazzo che da un lato conquistano la nipote e i lavoratori giù al porto e dall’altro infastidiscono quest’uomo conservatore e tutto d’un pezzo, troppo legato alla ragazza in modo morboso per rischiare di perderla.
Egli teme che il biondo sia inoltre mosso verso di lei per ottenere la cittadinanza americana, come svolta di vita. Così il grave disagio interiore vissuto da Carbone lo porterà ad una “yubris” che si concretizza in un’azione vigliacca di disperazione, senza ritorno.
L’atmosfera dell’epoca è ben ricreata con musiche swing, balletti, movenze, dialetti, scenografie.
Il ritmo è sostenuto da molta azione. Popolizio cattura immediatamente il pubblico dalla sua entrata con la classica presenza, fisicità, solidità, densità emotiva e ironia che lo contraddistinguono. Nel percorso attoriale del personaggio trasmette vulnerabilità e grande spontaneità: riesce infatti a farci vivere il suo conflitto e le paure con umanità nonostante la disumanità delle sue scelte.
In un’era in cui vige ancor forte il maschilismo, appare interessante il coraggio e il punto di vista della moglie di Carbone che spinge la nipote ad emanciparsi.
Recensione di Demian Aprea