Il Processo, inquietudine senza via d’uscita

Con la regia di Anna Masullo va in scena fino al 19 marzo “Il Processo” di Franz Kafka al teatro Ciak di Roma.
Il protagonista Josef K viene interpretato da Ruben Rigillo nel ruolo dì dipendente di banca accusato ed arrestato improvvisamente per un fatto non precisato e che rimane tale per tutta la vicenda. Si tratta di uno spettacolo che riflette sulla giustizia, sul senso di inquietudine che essa provoca ad un imputato e sulla lunghezza dei processi, fattispecie sicuramente di attualità. Processi a volte arbitrari come in questo caso.
Josef Kessendo innocente appare dapprima incredulo per l’arresto e il trattamento ricevuto da guardie che gli mangiano anche la colazione; quindi si trova perso alla ricerca della verità e della soluzione che lo scagioni, incastrato e sempre più avviluppato nella morsa di una giustizia misteriosa, farraginosa e farsesca, che lo minaccia e tiene sul filo costantemente, mettendo a dura prova la sua lucidità e sanità.
Un meccanismo fatto di personaggi giudiziari assurdi, pericolosi e grotteschi che a momenti appaiono come marionette napoletane, in altri come sarcastici esecutori della Legge. Questa Legge che incute timore, che è il sommo giudice a cui non si può sfuggire. I colleghi di Josef K poi hanno volti di conigli e confabulano in modo affettato e disturbato. Anche coloro che potrebbero aiutarlo, un avvocato, lo zio e un artista con conoscenze legali, sono paradossali e inconcludenti e lo arguiscono e confondono ancor più.
La forma e struttura dello spettacolo segue la via del sogno, anzi dell’incubo, gli ambienti e le luci sono irreali, anche il filo della narrazione a tratti è sconclusionato o ciclicamente rimane allo stesso punto, anzi si complica via via che passano i mesi.
Talvolta l’ironia è schiacciante, la figura di Blok per esempio, uomo che attende da anni ed è seviziato psicologicamente e maltrattato, trasformato in una bestia accondiscendente, un cane strampalato; tutto ciò presagisce sulla possibilità che Josef K possa fare la stessa fine in direzione della follia.
Molto riuscite le interpretazioni dell’artista e pittore a cui si rivolge Josef K, personaggio che fa e disfa come un azzeccagarbugli con gran brio e umorismo e quella dell’avvocato fanfarone e mistificatore che manovra Joseph con arguzia e sarcasmo.
Recensione di Demian Aprea