Checlasse, folklore e diversità tra i banchi di scuola

Checlasse, folklore e diversità tra i banchi di scuola
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La commedia brillante “Checlasse” diretta da Pietro De Silva, in scena al Teatro 7 Off di Roma fino al 19 marzo, ci immerge nel mondo della scuola in modo folkloristico con spunti di riflessione su ciò che è “diversità” nella società di oggi.

La storia si svolge in una classe serale molto originale, composta di persone adulte con difficoltà pratiche varie le quali aspirano a raggiungere la tanto agognata maturità di fine anno. Una professoressa fanatica dei poeti, pedante e visionaria si scontra con le loro problematiche di comportamento e ignoranza; ciò la riporta alla realtà dell’insegnamento e della vita concreta piena di contraddizioni. La convivenza sarà così difficile ma degli imprevisti capovolgeranno e uniranno il gruppo tirando fuori il meglio da ognuno.

I personaggi son ben caratterizzati, spettacolare il genio scolastico, autistico, amante delle formichine, interpretato da Alessandro Moser, bravi e divertenti anche gli altri attori, dai due allievi coatti che esaltano “la romanità” e il dialetto romanesco passando per la cucina e i social, alla russa nevrotica quasi nazista, fino alla bidella scazzata, semplice e pazzesca che elargisce umorismo come un metronomo, interpretata da Antonia Di Francesco.

La narrazione ci riporta tra i banchi con nostalgia, fa sorridere, la scrittura è efficace e alterna alla continua comicità di battute e situazionimomenti di analisi sul “diverso”, che alcuni dei personaggi incarnano nel mondo di oggi: l’emigrata in difficoltà col lavoro, per il fatto di essere straniera e “sesso debole”; la persona diversamente abile a sua volta non capita e sottovalutata. Abbiamo “un diverso” che come di consueto attira pregiudizi, ma che qui viene superato. Sarà proprio l’unicità e la ricchezza di queste persone che infatti emerge e vince alla fine e ci invita ad uno sguardo nuovo.

Riuscita la trasformazione dei personaggi: essi tirano fuori il lato più sensibile ed umano che prima si nascondeva in clichè comportamentali e corazze sociali. Anche la professoressa dovrà compiere un suo percorso per avvicinarsi ai suoi studenti difficili; pur conservando quella sua follia sottile e comica un po’ fantasiosa e fuori dal tempo, diventerà quasi una confidente affezionata ai suoi allievi. Questa vicenda in fondo ci fa anche immaginare cosa vuol dire essere insegnanti.

“Che Classe” è una messinscena leggera, ridanciana e a tratti delicata, attuale anche nei rimandi all’uso dei social e contro la violenza, dove anche il presepe è di mentalità aperta, con Buddha, Maometto e Shiva che trovano il loro posto nella grotta ormai ecumenica accanto a Gesù.

Recensione di Demian Aprea

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