Romeo e Giulietta di Mario Martone al Piccolo di Milano

Romeo e Giulietta di Mario Martone al Piccolo di Milano
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Per la tragedia degli amanti veronesi che William Shakespeare scrisse tra il 1594 e il 1596 e ambientò nel 1500, nel cuore del Rinascimento italiano, quello al Piccolo, dal 2 marzo al 6 aprile al Teatro Strehler, è un duplice debutto.

Romeo e Giulietta è la prima regia firmata da Mario Martone in una produzione del Piccolo Teatro di Milano ed è il primo allestimento del titolo nei 75 anni della sua storia.

L’amore improvviso e intensissimo di due adolescenti, reso ancora più forte dalle avversità che li tengono separati, si è prestato a infinite letture, adattamenti, travestimenti, interpretazioni, nel cinema e nel teatro.

L’edizione Piccolo 2023 è, quindi, una novità sotto ogni punto di vista. Una compagnia di 30 attrici e attori, la cui età media è inferiore ai trent’anni, affianca ad interpreti giovanissimi, per lo più ventenni come Romeo (Francesco Gheghi) – mentre Anita Serafini, nei panni di Giulietta, è la più giovane con i suoi 15 anni – a protagonisti della scena italiana come Lucrezia Guidone e Michele Di Mauro (nei panni di padre e madre Capuleti) o Licia Lanera in quelli della balia che Martone ha trasformato in zia, una sorta di sorella oscura di Donna Capuleti.

Il regista sceglie, quindi, la via della mimesi anagrafica di un testo che è animato dalle più acerbe e potenti pulsioni giovanili, colte in un tempo della vita, l’adolescenza, misterioso, spigoloso, ambiguo, tutto da decifrare, e opposte a un mondo adulto violento, nelle dinamiche familiari e sociali.

Romeo e Giulietta è la fiaba per antonomasia, con tutti i suoi crismi – filtri magici, traversìe, esilio, alleati, nemici, duelli– ma senza il lieto fine. Più di quattro secoli dopo, i temi del testo sono prepotentemente al centro del nostro vissuto quotidiano.

Fin dalle prime prove a tavolino, Martone ha dichiarato di muoversi, nell’approccio all’opera, lungo un doppio asse: un’ordinata rappresentata dal piano del testo e un’ascissa evocata dal rimando a una contemporaneità, che si innesta anche nella lingua restituita dalla traduzione di Chiara Lagani.

«Mettiamo in scena un mondo in cui lo scontro domina senza ragione, in cui il senso stesso dell’esistenza sembra essere nello scontro» spiega Martone. «Una pestilenza che rende impossibile l’arrivo di una lettera ma non frena le feste. Un amore che sboccia all’improvviso per sfuggire a tutto questo, innocente e ribelle. Un amore illuminato solo dalla luce della luna e dell’alba: la natura, immanente, in attesa di un cambiamento che non arriverà mai».

E proprio la natura disegna la parte superiore della scena, firmata da Margherita Palli: un’ambientazione che la tradizione vuole per lo più urbana si trasforma in un bosco sospeso, rifugio dei giovani, fiabesco, poetico. Un intreccio fitto di rami frondosi e imponenti, che affondano le radici dietro le quinte, accoglie passerelle, camminamenti, “balconi” lungo i quali i personaggi si muovono, si incontrano, si scontrano, si affacciano sul mondo degli adulti, tetro, sporco, infetto.

Presentazione

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