Vivere, una donna dissacrante e agguerrita

Vivere, una donna dissacrante e agguerrita
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Anna Piscopo è andata in scena il 04/02 al Centrale Preneste Teatro di Roma con “Vivere!” per la regia di Lamberto Carrozzi, un monologo in cui interpreta una donna sola e agguerrita con il mondo, barricata in casa con le proprie cose, da accumulatrice seriale, che entropicamente appaiono sparpagliate nello spazio dalla sua vita confusa e dalla sua mezza isteria.

Ci appare come una figura a metà persa e rinchiusa nel suo piccolo e a metà escort provocante e dissacrante, in attesa di un amante o cliente reperito via web. Ella fantastica su questo fatidico Papi, capo di un cartello e“a cavallo” di un carrarmato che rappresenta la sua unica ancora di salvezza, e si prepara perciò al primo e definitivo incontro serale che dovrebbe stravolgergli la vita.

Vediamo le sue emozioni altalenanti, i suoi grandi conflitti interiori, il suo difficile passato.

La cifra è la parola, dissacrante, sguaiata e ironica, sarcastica e aggressiva, a volte clichè; il flusso racconta diversi temi a seconda degli umori, essi si intersecano in un innesto e guazzabuglio di attualità, di invasione mediatica e dei social nella vita delle persone, di rifiuto e incomprensione sociale verso la diversità e la difficoltà, di mortificazione della donna verso l’uomo per motivi di solitudine.

Risulta poi paradossale e divertente questa entità mostruosa e nemica, quasi vivente, ch’ella intravede, personifica e combatte: il “Condominio”. Un personaggio e luogo al tempo stesso, in cui vive, viene esclusa, rifiutata, rigettata e minacciata di sfratto, con ripetute fuoriuscite di personaggi improbabili e intransigenti che a lei si oppongono: un microcosmo cittadino che a suo modo può incarnare per sintesi il macrocosmo di una società ostile a lei.

L’ironia è sagace e perdura per tutta la durata, la Piscopo con grinta e vulnerabilità ci mostra un mondo sommerso e nascosto di persone disadattate, sofferenti, abbandonate e forse non comprese, che si difendono come possono ma in perenne conflitto con tutto.

Recensione di Demian Aprea

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