Rodolfo Valentino, il primo sex symbol del cinema

Rodolfo Valentino, attore e ballerino italiano, uno dei primi e più grandi divi cinematografici della sua epoca, è stato definito il prototipo del latin lover, l’ultimo mito del cinema muto.
Intelligente ed ironico, pelle ambrata, capelli corvini, labbra sottili, occhi neri di taglio orientale, sguardo magnetico reso torbido da un’accentuata miopia, rappresenta l’amante dei piaceri trasgressivi. Esteta, libertino e avventuriero, balla il tango con erotismo. Nei film rivela una gestualità sciolta e fluida, e soprattutto nei primi piani una fotogenia stupefacente.

Defunto a soli 31 anni per i postumi di una peritonite acuta, le cronache narrano di scene al limite dell’isteria collettiva durante la cerimonia funebre, a cui partecipano decine di migliaia di persone. Ancora oggi, la sua tomba nel cimitero di Hollywood è meta di pellegrinaggi.
Rodolfo Valentino, o Rudolph Valentino, o semplicemente Rudy, pseudonimo di Rodolfo Pietro Filiberto Raffaello Guglielmi (poi di Valentina D’Antonguella), terzo di quattro figli (Beatrice, Alberto e Maria sono i suoi fratelli), nasce il 6 maggio 1895 a Castellaneta, in provincia di Taranto, e muore a New York il 23 agosto 1926.
Suo padre è italiano, Giovanni Guglielmi, un veterinario ex capitano di cavalleria, originario di Martina Franca, appassionato d’araldica, e sua madre francese ma di origine torinese, Marie Gabrielle Bardin (Bardini poi francesizzato in Bardin), dama di compagnia della marchesa del posto.
Rudy, diplomato in agraria, nel 1912 parte per Parigi e affina le sue doti di ballerino ma nel dicembre dell’anno successivo, sempre inquieto, approda ad Ellis Island, nota come l’isola dell’immigrazione, punto di ingresso per l’America, per passare poi a New York.

Dapprima fa il cameriere, il giardiniere, il garzone, poi diventa un taxi dancer al Maxim’s Restaurant Cabaret. Negli anni ’20 in America c’erano i taxi dancer, detti anche tango pirates.
Successivamente si trasferisce a San Francisco. Lavora in una piccola compagnia teatrale e durante una tournée come ballerino raggiunge Hollywood.
Inizia come comparsa nei film, ma ben presto viene apprezzato come attore protagonista.
Gli affidano il ruolo “heavy”, il cattivo, il ganster.
Nel 1918 Hayden Talbot lo vuole nel ruolo del conte Roberto di San Fraccini in The married virgin
Valentino conosce la sua prima moglie Jean Acker (1893–1978) durante un party, nel settembre del 1919, a casa dell’attrice Pauline Frederick (1883–1938). Il 6 novembre, dopo due mesi, si sposano, ma lei lo lascia la sera stessa senza aver consumato il matrimonio. Il divorzio viene sancito soltanto nel 1922.
June Mathis, sceneggiatrice della Metro Pictures vuole Valentino nel ruolo di Julio Desnoyers, l’affascinante protagonista di The four horsemen of the Apocalypse (1921, I quattro cavalieri dell’Apocalisse) di Rex Ingram. È stato uno dei primi film ad incassare un milione di dollari e ad oggi è il sesto titolo di maggior successo nella storia del film muto.
Rudy brama l’Europa, perciò lascia la Metro e passa alla Famous Players-Lasky, antesignana della Paramount. Ottiene il ruolo di protagonista ne Lo sceicco (The Sheik), film muto del 1921, diretto da George Melford. Il soggetto è tratto dal romanzo di Edith Maude Hull, pubblicato a Londra nel 1919. Valentino ottiene enorme successo e diventa una star di dimensione planetaria.

Sul set del film muto La signora delle camelie (Camille) del 1921, diretto da Ray C. Smallwood, Natacha Rambova e Rodolfo Valentino si conoscono e si innamorano.
Natacha Rambova è molto importante per Rodolfo Valentino, per amore e per la carriera artistica.
A Hollywood Natacha Rambova è molto apprezzata per gli scenari e i costumi che disegna.
Si sposano il 13 maggio del 1922 a Mexicali, ma otto giorni dopo, Valentino viene arrestato con l’accusa di bigamia, in quanto il suo divorzio da Jean Acker non è ancora definitivo e non ha rispettato una legge californiana che obbligava i divorziati a non contrarre e consumare matrimonio prima di un anno dalla sentenza di divorzio. Il definitivo matrimonio avviene il 14 marzo del 1923.
Dopo l’insuccesso del film The young rajah (Il giovane rajah, 1922), Valentino rescinde il contratto con la casa di produzione, e per questo non può lavorare nel cinema per due anni.
Lontano dagli schermi, Valentino diventa leggenda: gli spettacoli dove lui e Rambova si esibiscono – sponsorizzati dalla Mineraleva, ditta di cosmetici del patrigno di Natacha – sono assaliti da folle di fan plaudenti che vogliono vedere il loro idolo dal vivo.
Valentino e Rambova condividono innumerevoli interessi tra cui l’arte e la scrittura. Valentino, nel 1923, scrive un libro di poesie, Day dreams, che vende moltissime copie. Incide dischi di canzoni italiane, reclamizza cioccolata, cosmetici e maschere di bellezza e pubblica un manuale sui segreti della prestanza fisica (How you can keep fit, 1923).

Valentino torna a recitare nei film negli Stati Uniti, nel 1924 in Monsieur Beaucaire di Sidney Olcott. Poi, ancora nel 1924, in A sainted devil (Notte nuziale) e Cobra nel 1925, entrambi di Joseph Henabery. Nel 1925 interpreta per la United Artists il doppio ruolo del bel tenente della guardia imperiale e quello di un fascinoso bandito in The eagle (L’aquila nera) di Clarence Brown.
Un maggiore successo avrebbe riscosso nel singolare western Son of the sheik (Il figlio dello sceicco, 1926) di George Fitzmaurice. Anche in questo film Valentino interpreta un doppio ruolo, quello del giovane Ahmed, figlio del deserto, brutale stupratore e amante appassionato, e del suo autoritario, sadico padre. Il film esce nelle sale il 6 settembre 1926, pochi giorni dopo la morte del suo protagonista, scatenando scene d’isteria collettiva che non hanno più avuto uguali nella storia del cinema statunitense.
Tra i film girati sulla vita di Rodolfo Valentino: Valentino (1977) di Ken Russel, con il divo del balletto Rudolph Nureyev. The world’s greates lover (1977) diretto e interpretato da Gene Wilder, mentre Marcello Mastroianni lo impersona nella rivista Ciao, Rudy (1966) di P. Garinei e S. Giovannini.
Di Judith Maffeis Sala