Lo Strano Caso del Dottor Jekill e Mister Hide, il lato oscuro della mente umana

La pièce in scena al teatro Ciak di Roma per la regia di Matteo Tarasco ci porta nella Londra Vittoriana di fine ‘800, raccontandoci in maniera lineare e suggestiva un classico della letteratura inglese scritto da Robert Louis Stevenson. Siamo negli anni ’80, in cui si svolgono i primi studi di psicologia e di analisi della mente dell’uomo, e questo si ripercuote in modo sostanziale sulla storia.
Gli attori rispecchiano movenze e formalità tipiche dell’epoca, l’atmosfera cupa e fioca e il mistero sono ricreati perfettamente a livello scenico e visivo, l’intento registico è di suggestionare lo spettatore con questo giallo. La musica coinvolgente e azzeccata quanto le luci crea la drammaticità e prepara gli accadimenti in veste narrativa.
Il tema centrale è la scoperta e il portare alla luce la natura più oscura di ogni essere umano, che nel caso del dottor Jekill, si libera grazie ad esperimenti scientifici e prende il sopravvento su di lui. Si indaga sui misteri imperscrutabili della mente umana, sulla misteriosa nascita del male che non si vergogna di sé ma anzi si compiace, sulla paura di perdere il controllo, sulla naturale divisione nell’interiorità dell’uomo tra bene e male.
Si genera quindi nel pubblico un fascino per il mostruoso che rappresenta una soglia di libertà irrefrenabile non raggiungibile nella vita quotidiana e nella società, una catarsi solo immaginaria e non ammessa concretamente, ma che tuttavia potrebbe essere ancor più elaborata da questa messainscena teatrale.
Forse rimane il desiderio nello spettatore di approfondire di più il personaggio di Hyde, che a sensazione potrebbe raggiungere vette antropologiche anche più alte, nonché la voglia di una maggior elaborazione della trasformazione dall’identità normale a quella perversa e maligna del protagonista.
Recensione di Demian Aprea