Penelope al Mattatoio di Roma per la regia di Martina Badiluzzi

A due anni di distanza da “The Making of Anastasia”, debuttato alla Biennale di Venezia, Martina Badiluzzi torna alla regia teatrale a Romaeuropa Festival il 12 e 13 novembre al Mattatoio con la Prima Nazionale di Penelope, monologo interpretato dalla ipnotica attrice Federica Carruba Toscano, già tra le protagoniste del lavoro precedente, e che vedrà, ancora una volta, la partecipazione alla composizione musicale di Samuele Cestola in arte Samovar, e all’allestimento dell’artista visivo Fabrizio Cicero.
Martina Badiluzzi continua a indagare l’universo femminile contemporaneo, intessendo un legame concettuale con storie di donne del passato che contengono nella loro essenza più intima l’urgenza dell’attuale.
Persa in un deserto affettivo, una donna riflette sulla fine della sua storia d’amore, osserva sé stessa in relazione a uomo e ne deduce di essere stata una Penelope: uno dei personaggi femminili letterari più stereotipati.
“Penelope” è rimasta sola, si annoia. Soffre l’afa di un agosto che sembra non voler finire e la angoscia il persistente odore di bruciato che penetra dalle finestre di casa sua. Per questo ha deciso di lasciare lo sfarzo delle sue stanze per andare a vivere nel corridoio di casa circondata da un coro di ventilatori a ristorarla dal caldo.
Non potendo rivolgersi a nessuno, immagina l’incontro con l’uomo che ama, per emergere da un’estate senza fine, come un miraggio o un’apparizione. La forma del discorso che le è più affine è l’interrogazione; ogni cosa, vista dalla sua solitudine, comincia con un’incomprensione, con un non capire profondo.
Attorno a questa donna è il vuoto, l’assenza degli affetti e di un interlocutore, Ulisse non c’è, è andato alla guerra con gli uomini e non è tornato. Penelope si inscrive in questo vuoto, in questo noioso ripetersi della Storia e delle dinamiche relazionali.
Penelope è una produzione di Oscenica, in coproduzione con_Romaeuropa Festival, Primavera dei Teatri, Scena Verticale, Pergine Festival e con il supporto di_La Corte Ospitale, Teatro Biblioteca Quarticciolo, Carrozzerie n.o.t.
NOTE DI REGIA
Su quale tipo di storia abbiamo formato la nostra cultura? Ulisse il re dell’ingegno, l’astuto, il furbo, colui che, emblema dell’umanità curiosa e votato all’intelletto, usa la sua intelligenza per dominare la realtà. Penelope, invece, è una giovane donna, il suo apprendistato è lungo. L’attesa di Penelope, la sua resistenza non violenta di cosa ci parla? Perché ci parla in questo momento?
Cosa le sta insegnando la compagnia di se stessa? Penelope non è la fotografia al negativo dell’eroico Ulisse, c’è nella sua resistenza qualcosa di vitale e profondo, la sua Odissea è smarrirsi, non in mare ma nel suo inconscio, un’immersione spaventosa nelle sue paure e nei suoi ricordi, un viaggio che le restituirà una donna matura, in contatto coi propri desideri e sentimenti.
Penelope è una donna che è stata sottoposta alle intemperie del tempo, ormai conosce se stessa, conosce la propria intelligenza fine che l’ha portata ad essere un’eroina di resistenza e determinazione. Conosce il suo corpo, conosce la sua lingua, sa parlare e ora parla riempiendo il suo deserto emotivo di parole che sono una prima persona singolare, un monologo.
La sensibilità di Federica Carruba Toscano e il suo straordinario talento sono il corpo e la voce perfetti per impersonare una donna così antica eppure dalle istanze modernissime. La bocca è la porta del corpo e della mente che dà sul mondo esterno. È il luogo da cui entra il cibo, da cui escono le parole.
È frontiera, è limite. Ed è sulle labbra di un’attrice che prende corpo questa voce, questa donna, questo canto.
L’allestimento, in dialogo con il disegno luci, sarà un’installazione dell’artista Fabrizio Cicero. Il silenzio dello spazio vuoto è il preludio all’eco che una voce solitaria può generare. La rifrazione e la ripetizione sono i concetti attorno cui costruire Penelope. Il vuoto al quale desideriamo dare corpo è diverso da quello dell’attesa, è la solitudine di chi prende coscienza, di chi non subisce più lo scorrere del tempo. In questo deserto, la voce di Penelope riecheggia nello spazio scenico.
Il design del suono sarà curato da Samuele Cestola, attraverso piastre e microfoni che potranno amplificare e articolare le possibilità di ripetizione ed eco della voce. Come se fosse la performer stessa a creare un coro di voci, a generare un dialogo che a tratti potrà sembrare il frutto della sua immaginazione ma che, invece, interpella e riguarda tutte le donne. Uno sparpagliarsi di voce e dei pensieri che è necessario alla protagonista per potersi ascoltare in terza persona, per oggettivare il racconto e non naufragarci dentro.
Presentazione
Fotografia di Guido Mencari / www.gmencari.com