IO, Moby Dick. d’Elia e la sfida con il leviatano che è in noi

IO, MOBY DICK è in scena a MTM, Teatro Litta Milano dal 9 al 19 dicembre. Il progetto e la regia sono di Corrado d’Elia, liberamente ispirato al romanzo Moby Dick di Herman Melville. Il progetto scenico e grafico è di Chiara Salvucci, assistente alla regia è Carla Almirante, la pregevole competenza illuminotecnica è di Christian Laface, e la tecnica audio di Gabriele Copes.
Unico interprete in scena è Corrado d’Elia, che veste i panni bianchi del capitano Achab. Scalzo, seduto su quello che parrebbe il ponte di una nave, circondato da canocchiali sospesi in aria in semicerchio tutti puntati su di lui evocanti i ramponi con i quali i balenieri trafiggono le balene, Achab è in attesa del fatidico momento per urlare <soffia> e scatenare la caccia. Il capitano della nave Pequod, espone un monologo serrato: è protagonista in prima persona della storia, sempre seduto, tutto teso a descrivere il suo livore verso Moby Dick, la balena bianca che per stazza, colore e diabolica astuzia è unica tra tutte le creature del mare.
Nell’opera del celebre scrittore americano Melville, Moby Dick rappresenta l’impossibile, l’inconcepibile, infinita potenza dell’universo. Il terribile mostro, anni prima, durante una battuta di caccia ha amputato una gamba al capitano Achab e lui vuole vendicarsi, catturarla, ucciderla. Piccolo, storpio, prigioniero delle proprie ossessioni, intenso, violento nella sua opposizione al fato, Achab è impavido e indomito nella sua determinazione. Nel romanzo di Melville si affronta il dilemma dell’ignoto, del senso di speranza, ci sono riflessioni scientifiche, religiose, filosofiche. La lotta epica tra Achab e la balena rappresenta una sfida tra il Bene e il Male.
Moby Dick rappresenta anche l’Assoluto che l’uomo insegue e non può conoscere mai. Per il capitano Achab il capodoglio è l’incarnazione del Male, i demoni interiori che deve combattere, il suo personale leviatano, che egli insegue e persegue fino alla catastrofe.
Corrado d’Elia ha dichiarato: <Torno a Moby Dick come chi torna a se stesso. Per necessità, quindi, e anche per urgenza. Moby Dick è stato il primo spettacolo saltato per la pandemia. Io e Achab, una cosa sola, dunque. A ragionare ad alta voce dall’alto della tolda di una nave o di un palcoscenico, poco cambia. Le domande sono esattamente le stesse. Come anche il senso dell’andare e del rinunciare. In nome di un fuoco, di una vocazione che accoglie, ingloba e rivendica ogni cosa che incontra. Tutti noi, quotidianamente cerchiamo Moby Dick. Pochi sono riusciti a guardarla dritto negli occhi. In tanti sono morti senza mai averla incrociata. Alla fine Moby Dick è sì una grande storia di mare e una grande storia di teatro. Per questo torno a Moby Dick, per ripartire.>
Corrado d’Elia entra nelle pieghe del personaggio, lo mostra nei suoi percorsi mentali, riesce quindi a rendere lo spettacolo di grande intensità emotiva, comunicando appieno quella battaglia spirituale con se stesso, perennemente alla ricerca di un senso disperato per la propria vita. Gabriele Copes, il tecnico audio, ha scelto <Ave Maria> attribuita a Giulio Caccini, nella versione proposta dagli ERA, che ha una cadenza sempre più incalzante e la melodia è avvolgente, similmente alle onde dell’oceano. La scenografia di Chiara Salvucci, essenziale e pulita, curata nei minimi dettagli, evidenzia con contrasto l’inquietudine del protagonista.
Recensione di Judith Maffeis Sala