HITLER. Il cinema nazista e la propaganda razzista subdola e insidiosa

HITLER. Il cinema nazista e la propaganda razzista subdola e insidiosa
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Durante gli anni ’30 e fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale, Hitler mette a punto il suo folle progetto di costruzione di un impero basato sul primato della razza ariana. Il Cinema che in Germania era stato caratterizzato dal nascere e l’affermarsi di diverse avanguardie, diventa quindi un mezzo potente sia esplicitamente, ma soprattutto implicitamente del nazismo.

Hitler

I tedeschi, pionieri del sonoro con il sistema Tri-Ergon, tendono a un livellamento del cinema. Tra il 1929- 1933, prima che Hitler diventi il Führer, si diffondono i film di genere, tra cui in particolare il musical, la parodia della realtà quotidiana (aggravata dalla crisi economica del 1929). Si afferma anche il film patriottico che lancia ancora miti messaggi nazionalisti.

Nel 1930 la cinematografia tedesca è ancora avanguardista. L’UFA (Universum Cinema A.G) è infatti politicamente elastica. Un esempio è il capolavoro Der Blaue (L’angelo azzurro), di J. V. Sternberg, tratto dal romanzo di H. Mann, dichiaratamente di sinistra, con l’astro nascente Marlene Dietrich. Sopravvivono ancora case cinematografiche indipendenti come la Nero-Film di ispirazione democratico-borghese e la comunista Prometheus.

Der Blaue: una scena

Si viene ad affermare anche una nouvelle vague di giovani artisti, (Menschen am Sonntag (1930), per la regia di R. Siodmak). Film più politici vengono poi girati da P. Jutzi e C. Junghans che affrontano temi legati alle ingiustizie della società capitalista (disoccupazione, suicidio, prostituzione). Non mancano alcuni capolavori dei grandi registi dell’epoca come F. Lang, G. Lamprecht e L. Sagan che rappresentano gli ultimi film del cinema tedesco creativo, critico e soprattutto libero.

Il cinema nazionalsocialista, dal 1933 al 1945

Nel gennaio del 1933 Hitler instaura in Germania una vera dittatura e introduce le leggi razziali.

Sono tantissimi, più di 1500, i Filmemigranten, artisti del cinema, costretti a lasciare la Germania e l’Austria per motivi politici e razziali. Hitler avvia infatti un veloce processo di conquista di tutti i settori dello Stato da parte del regime nazista. Tra questi il più importante è il cinema.

Con il Gleichschaltung (processo di livellamento delle istituzioni della Germania allo spirito e ai fini del nazismo) e con la creazione del Ministero per la cultura e la propaganda, con Goebbels, nasce la Reichsfilmkammer, corporazione pubblico-giuridica, che permette agli operatori culturali di operare con l’implicita adesione al nazismo. La legge nazionalsocialista sul cinema, votata il 16 febbraio 1934, comporta che tutte le sceneggiature siano controllate dal Reichsfilmdramaturg. Il film, una volta girato, viene sottoposto ad un comitato di censura che fa capo al Ministero per la Propaganda, che controlla anche i film stranieri.

Il cinema diventa sempre più antisemita e propagandista dei valori della razza ariana e della cultura tedesca. Uno degli esempi più celebri è Jud Süss (Süss l’ebreo, V. Harlan, 1940). Il più temuto avversario è l’ebreo, (peste subdola per il mondo). Il “documentario” Der ewige Jude (L’ebreo errante) di F. Hippler, rappresenta la più crudele e disgustosa opera antisemita della storia del cinema.

Oltre ai film razzisti verso gli ebrei si aggiungono anche i film antisovietici (dall’invasione dell’Urss nel giugno del 1941) caratterizzati da una forte avversione ideologica e razziale.

Viene introdotta la Prädikatisierung, classificazione statuale che premia, anche mediante agevolazioni fiscali, le opere più in linea al nazismo di Hitler. Anche la critica subisce le conseguenze della dittatura. Goebbels sostiene l’utilizzo delle arti come propaganda non esplicita, ma insidiosa. Basti pensare che su 1110 film dei 12 anni di nazismo conclamato, solo il 15 % sono definiti apertamente nazionalsocialisti, ma la realtà è un’altra.

Il cinema del Führer

Durante la dittatura di Hitler, l’arte rimane legata al naturalismo che semplifica una realtà acquisita, dove il nazismo è consolidato, o almeno così deve apparire. In ambito cinematografico questa tendenza viene svolta dal Tendenzfilm, con l’applicazione di una semplificazione estrema della trama. Si contrappone l’eroe tedesco, militare o civile, al nemico del popolo, con la vittoria del primo. I personaggi sono stereotipati e le avventure si concludono con il trionfo dei valori del nazismo, anche a costo della morte. Hitler propone una Germania ideale e idealizzata e volta al sacrificio per la razza e la grande e invincibile Germania.

Nel 1934, viene infatti girata una trilogia dedicata alle SA (Sturmabteilungen, organizzazione paramilitare del partito nazionalsocialista, in cui molti componenti erano stati assassinati nella Notte dei lunghi coltelli, 1934). La trilogia si compone di Hitlerjunge Quex ‒ Ein Film vom Opfergeist der deutschen Jugend diretto da H. Steinhoff, SA-Mann Brandt di Franz Seitz e Hans Westmar di F. Wenzler, tutti girati nel 1933. La trilogia, non amata particolarmente dai tedeschi, è l’unico tentativo importante di propaganda diretta.

Hitler

Il nazionalsocialismo si diffonde, invece, nella Wochenschau, il cinegiornale, e come documentario, il più importante è Triumph des Willens (1935; Il trionfo della volontà) di L. Riefenstahl affermata e volitiva documentarista della propaganda di Hitler, dotata di talento creativo. Il resto della produzione documentaristica nazista, come Feldzug in Polen (1940; Si avanza all’Est) di F. Hippler, è semplice montaggio a scopi propagandistici.

La propaganda nazista nel cinema di Leni Riefenstahl

Il cinema del Terzo Reich ripercorre spesso strade già conosciute, garanzia di sicuro successo commerciale. Ricordiamo i film di R. Schünzel (emigrato nel 1937) ricchi di spirito weimariano, oppure i melodrammi di D. Sirk (anch’egli emigrato nel 1937). A parte queste eccezioni d’autore, il nazismo propone soprattutto film storici, di propaganda di gesta per legittimare la grandezza del popolo tedesco (ciclo prussiano e la figura di Federico il Grande, di cui Hitler è erede), oppure trascrizioni letterarie. Le biografie dei grandi del passato è un altro genere amato dal nazismo: Bismarck (1940; Bismarck, il cancelliere di ferro) di W. Liebeneiner, Friedrich Schiller ‒ Triumph eines Genies (1940; I masnadieri) di H. Maisch e Paracelsus (1943) di G.W. Pabst.

Parallelamente si diffondono numerosi film di guerra che glorificano le imprese dei soldati tedeschi durante la Grande guerra. Il regista più importante di questo genere è K. Ritter. Ritter, Steinhoff e soprattutto Harlan, sono i cineasti più rappresentativi del nazismo. Harlan, regista di melodrammi familiari, rappresenta il maggiore interprete della cultura Blut und Boden (sangue e terra). Si tratta di film spesso interpretati dall’attrice svedese e moglie di Harlan, Kristina Söderbaum, perfetto ideal-tipo della donna ariana (bionda, energica e combattiva).

Kristina Söderbaum

La maggior parte dei film prodotti nei dodici anni di regime si legano alla Unterhaltungsproduktion, un settore influenzato dai modelli di Hollywood, molto amato da Goebbels. L’intento politico è quello di mantenere il popolo tedesco di buon umore nonostante la guerra. È un cinema apparentemente innocuo ma che ha un forte impatto sulla vita quotidiana, grazie anche al fenomeno del divismo con, oltre a Söderbaum, Z. Leander (la Diva del Terzo Reich), B. Horney, W. BirgelH. Albers, M. Wieman tra gli attori più noti.

Il cinema di Hitler e la Guerra Mondiale

Con la guerra (1939-1945) la produzione viene quasi completamente accentrata nell’UFA. Sono pochi i film prodotti, molti con la volontà di diffondere ottimismo nel popolo tedesco: Münchhausen (1943; Il barone di Münchhausen) di J. v. Baky. Vengono soprattutto girati film d’argomento bellico spesso pensati per il pubblico femminile a casa, mentre gli uomini combattono al fronte.

Kolberg (1945) di Harlan, chiude definitivamente la propaganda delirante nazista. Gli alleati entrano in Germania e la follia di Hitler viene sconfitta, portando alla luce gli orrori dei campi di concentramento per sterminare le razze considerate inferiori. La Germania semidistrutta viene quindi divisa tra democrazie occidentali e comunismo sovietico.

Di Lucilla Continenza

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