DINO RISI. Malinconico e lucido osservatore della Commedia all’Italiana

DINO RISI. In tempi di Coronavirus e Fase II è d’obbligo approfondire l’autore e regista Dino Risi padre della Commedia all’italiana con Mario Monicelli e Luigi Comencini. È un genere che andava a scavare e a ironizzare sull’intimità culturale degli italiani, facendone un quadro poco lusinghiero tra molti vizi e poche virtù.
Tra i tanti premi vinti, Risi ha ricevuto nel 1987, alla Mostra del Cinema di Venezia il Premio Pietro Bianchi, mentre nel 2002 il Leone d’oro alla carriera, conferitogli dalla Mostra del Cinema di Venezia. Seguono Il David di Donatello Speciale nel 2005 e l’Onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica nel 2004 per iniziativa del Presidente Carlo Azeglio Ciampi.
Biografia
Dino Risi (Milano 1916, Roma 2008), milanese figlio di un medico, è il secondogenito di tre figli, dopo Mirella (1916-1977), e Nelo (1920-2015, poeta e regista.
La futura icona della Commedia all’italiana, riceve un’educazione laica, circondato da parenti artisti, letterati e anarchici. A 12 anni perde il padre. Frequenta il Liceo classico Berchet di Milano e fa amicizia con il futuro regista Luciano Emmer e con Walter Molino promettente disegnatore del Bertoldo, che lo invita a collaborare come battutista alla sua rivista satirica. Dino Risi si laurea in medicina all’Università degli Studi di Milano, subito dopo la guerra, ma segue la vocazione per il Cinema, deludendo la madre che lo vorrebbe psichiatra.
Dino risi, gli esordi
Nel 1941, Risi comincia la sua lunga carriera nel cinema come assistente di Alberto Lattuada che a sua volta è aiuto regista di Mario Soldati. Il primo lavoro è come aiuto regista per Piccolo Mondo Antico di Soldati, poi sarà aiuto regista di Lattuada, nel 1943, in Giacomo l’idealista.

Chiamato alle armi nel 1941, viene rimandato a Milano nel 1943 per motivi di salute. Fino alla liberazione dal fascismo, si rifugia in Svizzera con il fratello e un gruppo di amici, tra cui Giorgio Strehler, Franco Brusati, Giansiro Ferrata e Livio Garzanti. In quel periodo frequenta un corso di regia per due anni a Ginevra, tenuto da Jacques Feyder (1885-1948) famoso per il realismo poetico al quale si ispirarono i migliori registi francesi degli anni Trenta.
All’indomani dello sbarco in Normandia, Dino Risi, con altri connazionali, si rifugia a Murren, in Svizzzera dove conosce Claudia Mosca, ventenne, sua futura moglie e madre dei figli Claudio (1948) e Marco (1951).

In questo periodo Dino Risi scrive racconti, articoli e recensioni per testate come Il giorno, La fiera letteraria, Milano sera e Tempo illustrato. Si dedica prima alla pubblicità e ai documentari: I bersaglieri della signora (1946), Barboni (1946) che vince un premio alla Mostra di Venezia, Strade di Napoli (1947), Cortili (1947), Il siero della verità (1949), Fenomeni dell’inconscio (o Seduta spiritica 1949), Buio in sala (1950). Quest’ultimo film girato nella Milano con ancora le macerie gli costa duecentomila lir. Il produttore Carlo Ponti lo acquista per due milioni utilizzandolo come prologo di Le infedeli, nel 1953, di Steno e Monicelli.
Risi si trasferisce quindi a Roma, dove esegue la scrittura del soggetto del film Anna (1951) di Lattuada, Totò e i re di Roma (1951, una libera ed esilarante rilettura di due racconti di Cechov) e Gli eroi della domenica (1952, farsa dei retroscena e passioni del calcio).
Dino Risi, autore e regista
Risi esordisce, nel 1952, come regista con Vacanze col gangster, film d’avventura per ragazzi, in cui lancia l’allora dodicenne Mario Girotti, in seguito col nome d’arte di Terence Hill.
Il talento del giovane regista si nota nell’episodio Paradiso, del film collettivo L’amore in città (1953) girato con Lattuada, Federico Fellini, Michelangelo Antonioni. Segue Il segno di Venere (1955) commedia di successo con Sophia Loren e Franca Valeri. Il successo giunge, nel 1955, con Pane, amore e…, terzo film della tetralogia, preceduto dai fortunati Pane, amore e fantasia, Pane, amore e gelosia di Comencini, racconti sulle comiche imprese del maresciallo Carotenuto. La scena in cui Carotenuto (De Sica) e Sofia Cocozza (Loren) ballano un mambo è diventata simbolo della commedia anni Cinquanta e ha contribuito a rendere Mambo italiano famosa nel mondo.
Il grande successo con la Commedia all’Italiana. Da Poveri ma belli a Il sorpasso
Dino Risi si impone nel 1957 con Poveri ma belli, un cult dei tempi, molto amato dal pubblico del dopoguerra. Scritto e diretto da Risi è una commedia girata con costi limitati. Seguiranno Povere ma belle (1957) e Poveri milionari (1959). Il regista scopre e rende celebri giovani attori sconosciuti: Renato Salvatori, Maurizio Arena e Marisa Allasio.
Anche Il vedovo (1959), con Alberto Sordi e Franca Valeri è una commedia molto amata dal pubblico. Un amore a Roma (1960), una sfortunata passione amorosa, conferma una vena acre e malinconica del regista.

Nel 1960 con Il mattatore (1960), undicesimo film diretto da Dino Risi, il regista inizia un proficuo sodalizio con Vittorio Gassman, con quindici film in comune. Il mattatore è tratto dalla sceneggiatura de I tromboni, commedia scritta nel 1956 da Federico Zardi e portata in teatro con successo dallo stesso Gassman e in TV nel programma Il Mattatore (1959). Grazie alla regia di Risi, alla sceneggiatura di Ettore Scola, Sandro Continenza e Ruggero Maccari, l’eclettismo, l’ironia, il talento, il fascino magnetico di Gassman conquistano critica e pubblico. La sceneggiatura servirà da canovaccio ai grandi registi della commedia sexy all’italiana.

Gli anno ’60 e le nuove libertà conquistate
A partire dal 1960, l’Italia clerico-fascita acquista nuove inedite libertà anche per gli sceneggiatori ed autori che stanno definendo la Commedia all’Italiana. Si è liberi di affrontare nei film temi come il fascismo, antifascismo e trasformazione del costume. Attori ironici e acuti del calibro di Sordi, Gassman, e Ugo Tognazzi sono scelti dai registi, che interpretano magistralmente le maschere dell’italiano qualunque che vorrebbe essere protagonista, ma spesso è sconfitto dal suo essere confusionario e servile per citare Montanelli. Risi racconta questo periodo con malinconica ironia e lo fa con il capolavoro Un vita difficile (1961).
Il film è considerato l’autobiografia di Risi, con la sceneggiatura di Rodolfo Sonego. Si tratta di un riepilogo di venti anni di vita italiana con episodi salienti attraverso il vissuto del personaggio di Silvio Magnozzi (Sordi), un ex partigiano romano. Nel cast oltre a Sordi, Lea Massari, Vittorio Gassman, Franco Fabrizi, Claudio Gora, Lina Volonghi, Antonio Centa. È inserito fra i 100 film italiani da salvare.
Il successo internazionale con Il sorpasso
Il sorpasso (1962, con Gassman e Jan Louis Trintignant) è considerato il film più importante del regista e un classico dell’Italia del boom economico. L’Italia vive infatti una fase di spensieratezza superficiale. Ferragosto del 1962, una macchina si muove per una Roma deserta. La guida lo svogliato e cinico Bruno Cortona, (Gassman). Bruno è un uomo sulla quarantina aitante e di bell’aspetto che vaga inutilmente per la città alla ricerca di un pacchetto di sigarette e un telefono.
Per caso incontra un giovane e dimesso studente, Roberto Mariani, (Trintignant) e lo convince ad accompagnarlo nelle sue scorrazzate. Li accomuna una profonda solitudine mascherata da due modi diversi di vivere. I due finiranno per lasciarsi la capitale alle spalle e imbarcarsi in un viaggio che, tra varie fermate, li porterà a un tragico epilogo.
La marcia su Roma e I mostri
Dino Risi gira con Gassman e Ugo Tognazzi altri due capolavori. La marcia su Roma (1962) è un film dove ironizza sul fascismo e su come esso fosse anche un’occasione di arricchimento per alcuni. Ne I mostri (1963), dove in 20 episodi disgiunti e caricaturali sviluppa temi allora tabù: omosessualità, corruzione politica, religione, educazione dei figli. Seguono altre commedie di successo come: Il giovedì (1963) commedia amara che descrive il rapporto tra padre e figlio, Il gaucho (1964), interpretato tra gli altri da Gassman, Amedeo Nazzari, Nino Manfredi, Silvana Pampanini. Critico e arguto, toccante e amaro, Risi descrive la sgradevole avventura di una squadra di rappresentanti del cinema italiano, recatasi in Argentina per partecipare a un Festival.
Il film L’ombrellone (1965), interpretato da Enrico Maria Salerno, Sandra Milo, Lelio Luttazzi, è un malizioso ritratto coniugale. Risi descrive il comportamento in spiaggia, nell’afoso mese d’agosto, di gente pettegola, noiosa, invadente, in perenne caccia di preteso divertimento. Un altro grande successo è Operazione San Gennaro (1966). Risi rende omaggio a Totò, ladro gentiluomo. Il regista mette in scena la vita di Napoli, tra folklore, miti e superstizioni, con tono farsesco e suspence per l’esito finale.

Straziami ma di baci saziami (1968) è una contrastata storia d’amore tra un barbiere, Marino (Manfredi) e Marisa (Pamela Tiffin) con Tognazzi e Moira Orfei. Risi dirige il vivace film con ironia e tenerezza dove Tognazzi e Manfredi parlano una lingua ricavata dai fotoromanzi. In Vedonudo (1969) Risi coglie la trasgressione di quegli anni. È strutturato in episodi; per sette personaggi è per tutti protagonista Nino Manfredi. Alla sua uscita il film viene censurato, per un’enorme quantità di nudi femminili.
Dino Risi e gli anni ’70. Da In nome del popolo italiano a Profumo di donna
Con gli anni Settanta le commedie di Risi diventano più nere, seguendo il contesto storico. In nome del popolo italiano (1971) racconta dell‘industriale truffaldino Renzo Santenocito (Gassman), tangentista con agganci nelle alte sfere, che è incalzato dall’integerrimo magistrato Mariano Bonifazi (Tognazzi). Il magistrato vuole incastrare Renzo in un caso di omicidio nonostante l’uomo sia innocente. Le urla e gli atti di teppismo dei tifosi italiani esultanti, riversati nelle strade per esternare la vittoria della nazionale di calcio contro l’Inghilterra, convincono Bonifazi che solo per essere un cinico e furbo italiano, l’uomo merita una severa condanna.

Vizi e difetti degli italiani sono descritti anche ne La moglie del prete (1970) con la coppia Mastroianni-Loren, film che affronta il tema del celibato dei preti. Elementi di grottesco sono poi in Mordi e fuggi (1973), un noir-poliziesco, un ritratto spietato, cinico e caustico della società e politica italiana.
Tratte dal romanzo di Giovanni Arpino Il buio e il miele (1969), sono due pellicole che esprimono il dramma psicologico di vivere, quando si è colpiti da una grave disgrazia: Profumo di donna (1974) e Anima persa (1977).
Profumo di donna
Profumo di donna è un capolavoro del cinema che si avvale di un’interpretazione magistrale di Gassman. Descrive il dramma della solitudine, tema caro a Risi. Il capitano in pensione Fausto Consolo (Gassman) vorrebbe suicidarsi. È rimasto cieco per un’esplosione accidentale e decide di partire da Torino in treno per Napoli, per incontrare l’amico Vincenzo (Alvaro Vitali), anch’egli non vedente. Si fa accompagnare dalla recluta diciottenne Giovanni Bertazzi (Alessandro Momo) che constata quanto dietro la maschera di cinismo del capitano ci sia sofferenza. Fausto incontra la bella e giovane Sara (Agostina Belli) che si innamora di lui. Fausto sembra infastidito da queste attenzioni, ma infine cede e capisce che non può rifiutare l’amore di una donna che lo accetta per quello che è.
Ai premi Oscar 1976 il film riceve due nomination come miglior film straniero e migliore sceneggiatura non originale. Anche il remake del 1992 Scent of a woman interpretato da Al Pacino e Chris O’Donnell ottiene un grande successo.
Anima Persa e I telefoni bianchi
Il film Anima persa (1977) è classificato un thriller-horror, il tema del doppio pervade tutta l’opera, gotico, drammatico, tragicomico. È una metafora del dolore per l’inesorabile scorrere del tempo, un dramma familiare che si trasforma in follia. Risi dirige uno splendido Vittorio Gassman e l’affascinante Catherine Deneuve. L’anno prima con I telefoni bianchi nel 1976, descrive il periodo del ventennio fascista, malinconico e feroce. I personaggi sono grotteschi: Marcella (Agostina Belli), la cameriera che vorrebbe diventare attrice, il suo innamorato Roberto (Cochi Ponzoni), il gerarca esaltato (Renato Pozzetto), il maestro Gondrano (Nino Toffolo), l’attore di rango Franco Denza (Gassman), l’arraffone Adelmo (Tognazzi)
Nel 1977, Dino Risi riprende a lavorare con Mario Monicelli ed Ettore Scola ne I nuovi mostri, commedia satirica con 14 episodi di ordinaria mostruosità italiana, a quindici anni dal precedente film a episodi I mostri. I tre registi non firmano i loro episodi come gesto di solidarietà per aiutare economicamente lo sceneggiatore Ugo Guerra, gravemente ammalato.
Alternando la commedia al genere drammatico Risi dirige in una grande prova drammatica Gassman, che guadagna il David di Donatello come protagonista, in Caro papà, in cui Risi affronta ancora le tematiche del terrorismo e gli attentati, proprio nell’anno successivo all’omicidio di Aldo Moro.
Dino Risi tra commedia e dramma, negli anni ’80
Sono fotogenico (1980), girato da Risi in parte sul lago Maggiore è una commedia greve che ironizza sugli ambiziosi e irraggiungibili sogni del lavenese Antonio Barozzi (Pozzetto). Risi chiede per questo film la collaborazione del figlio Marco e di Franciosa alla sceneggiatura. Tratto dall’omonimo romanzo di Mino Milani, Risi dirige nel 1981 Fantasma d’amore, romantica e struggente storia d’amore, con profonde vicende psicologiche e psicanalitiche, è un’altra intensa opera gotica con Marcello Mastroianni e Romy Schneider).

Divertente e gradito al pubblico è Sesso e Volentieri (1982) con Johnny Dorelli, Gloria Guida, Laura Antonelli. Risi in dieci episodi ironizza sui tormenti erotici. In Scemo di Guerra (1985), drammatico e al contempo divertente, Risi racconta di normalità e follia, evidenziando la solitudine della guerra. Il bisogno di tenerezza, la mancanza d’amore sono sentimenti chiari all’ufficiale medico Marcello Lupi (Beppe Grillo), specializzato in psichiatria, sullo stato mentale del capitano Oscar Pilli, psicopatico, puerile, arrogante, irriso e isolato dagli stessi militari. Pilli, pur squilibrato è politicamente protetto, perciò viene promosso di grado, ma ucciso per porre fine alle sue follie.
Gli ultimi anni e il saluto di un attento e lucido osservatore
Nel 1990, Risi lavora per l’ultima volta con Gassman in Tolgo il disturbo. Ispirato alle conseguenze della Legge Basaglia, racconta del rapporto tra nonno Augusto (Gassman) e la nipotina Rosa (Valentina Holtkamp), in una situazione assurdamente amara. Nel corso degli anni Novanta il regista dirada progressivamente le sue attività, separatosi dalla famiglia, si stabilisce definitivamente in un residence a Roma, dove vive per una trentina d’anni. Negli ultimi anni scrive aforismi scorretti ed epigrammi irridenti (Versetti sardonici, 1995, Vorrei una ragazza, 2001).

A 86 anni ripercorre la sua vita con un’autobiografia I miei mostri per raccontare di sé e dell’Italia. Da menzionare il documentario Una bella vacanza. Buon compleanno Dino Risi, di Francesca Molteni, 2006, premiato con una menzione speciale dei Nastri d’Argento e presentato in diverse manifestazioni internazionali, tra cui la rassegna 41esimo Parallelo del MoMa di New York. Nel 2005 Risi firma in co-regia col figlio Claudio il video documentario Rudolf Nureyev alla Scala.
Malato da tempo, Risi è lucido e autonomo sino agli ultimi giorni. Ci lascia a 92 anni, il 7 giugno 2008. Da sue volontà, il suo corpo viene cremato e le ceneri disperse in Svizzera a Murren (Berna), dove il regista aveva conoscito la prima moglie Claudia Mosca.
Di Lucilla Continenza e Judith Maffeis Sala