ALDO FABRIZI. L’artista-poeta godereccio, ironico e dolente della ricostruzione

ALDO FABRIZI (all’anagrafe Fabbrizi, 1905-1990), attore, sceneggiatore, produttore, comico, poeta e regista cinematografico, è ricordato come godereccio e dal temperamento esuberante. È stato un artista dotato di una grande capacità espressiva e mimica popolaresca. Si è fatto apprezzare sia in ruoli comici che drammatici. Insieme ad Alberto Sordi e Anna Magnani, ha rappresentato la romanità nel cinema e ha attraversato un “bel pezzo” di storia italiana. Tra i tanti premi ha ricevuto il David di Donatello alla carriera, ed è stato insignito come Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.

A testimonianza della sua fede nella romanità popolare restano i tanti ritratti dei piccoli, ma grandi personaggi che ha interpretato, prima a teatro, poi al cinema.
Fabrizi è stato amato anche per la sua competenza gastronomica, soprattutto perché ha voluto esaltare in diversi programmi televisivi la cucina povera, con l’ affezionata sorella Elena (Sora Lella). Definita poesia gastronomica, Fabrizi ha anche pubblicato diversi libri: La pastasciutta, ricette nuove e considerazioni in versi (1970), Nonna minestra, ricette e considerazioni in versi (1974), Nonno Pane, ricette e considerazioni in versi (1980) con una sorta di congedo spirituale.
Attraverso la sua arte ha voluto trasmettere l’importanza del buon senso, di una filosofia del vivere fondata sulla tolleranza e sull’ironia. Memorabile è ancora il ruolo di Don Pietro in Roma città aperta di Roberto Rossellini.
Aldo Fabrizi: biografia
Fabrizi nasce a Roma da una famiglia modesta. La madre è un’ortolana in Campo de’ Fiori. Il padre vetturino, muore quando il giovane futuro attore ha undici anni, che abbandona quindi gli studi per contribuire al sostentamento economico della numerosa famiglia.
A causa delle ristrettezze e intollerante alle costrizioni e ai soprusi, Fabrizi si impiega in tanti lavori: carrettiere, meccanico, decoratore, guardiano notturno, fattorino, fruttivendolo, cocchiere, tranviere. Di queste attività il giovane ne fa tesoro. Pubblica infatti nel 1928 un volumetto di poesie romanesche intitolato Lucciche ar sole che presenta al grande poeta Trilussa. Viene incoraggiato e recensito da Il Messaggero. Collabora in redazione con il giornale dialettale Il Rugantino e inizia a recitare come narratore delle proprie poesie e con la Filodrammatica Tata Giovanni.
Nel 1931, il giovane esordisce col nome d’arte Fabrizio nello spettacolo di varietà abbinato a un film con le macchiette da lui scritte: Bruneri o cannella? e Nel duemila, in coppia con Reginella (Beatrice Rocchi, in arte Reginella, cantante di varietà). I due si innamorano e si sposano nel 1932. Dalla loro unione nascono i due gemelli Masssimo e Wilma.
Aldo Fabrizi comincia a interpretare le caricature dei tipi caratteristici di Roma, portando in scena proprio il suo vissuto lavorativo: il vetturino, il conducente del tram, lo sciatore.

Diventa popolare nel 1937 e fonda una propria Compagnia, reclutando giovani attori, fra cui l’esordiente Alberto Sordi.
Il cinema
A renderlo popolare come attore cinematografico, anche al di fuori dei limiti regionali in cui si afferma nel teatro, è il film Avanti c’è posto del 1942, diretto da Mario Bonnard e il successivo, sempre di Bonnard, Campo de’ fiori con Anna Magnani. È un film girato in tempo di guerra di cui si fa poco cenno e che anticipa la Commedia all’italiana. Co-sceneggiatore, insieme a Zavattini e Tellini c’è anche Federico Fellini, che cura i dialoghi di Fabrizi negli avanspettacoli.

Mario Mattioli lo dirige sempre nel 1943, insieme a Anna Magnani, nel film L’ultima carrozzella dove interpreta un vetturino surclassato dai primi tassisti. Nel 1944, a Liberazione avvenuta, al Salone Margherita di Roma, si esibisce come autore e attore di prosa in Volemose bene, Hai fatto un affare, con la Compagnia M.Mattioli, in cui recita anche Ave Ninchi con cui lavorerà spesso. Seguono altri spettacoli: Come si dice in inglese, Salvo complicazioni, Buon Natale, Poveri noi. Tordinona viene rappresentato più volte, accolto dal pubblico come quattr’ore di popolaresco, sano umorismo, per una storia basata sulla borsa nera.
Roma città aperta
È però il cinema che gli dona il grande successo con uno dei ruoli più importanti della sua carriera, nel suo primo film neorealista, in Roma città aperta (1945), sempre con Nannarella, ispirato ai due sacerdoti don Giuseppe Morosini e don Pietro Pappagallo, fucilati entrambi nel 1944 durante l’occupazione nazista a Roma. L’interpretazione esemplare di Fabrizi in questo film lo rende celebre non solo in Italia, ma anche in Francia e negli Stati Uniti.

Durante l’occupazione nazista di Roma, la polizia tedesca è sulle tracce dell’ingegner Manfredi, capo partigiano. L’uomo trova rifugio a casa di don Pietro, Aldo Fabrizi, attivo nella lotta contro il fascio nazismo. L’ingegnere e il parroco vengono arrestati e torturati. I due resistono eroicamente e, mentre il giovane perde la vita sotto tortura, il prete viene fucilato.
Il successo di Fabrizi prosegue sempre nel neorealismo con Mio figlio professore (1946) di R.Castellani, dove l’artista interpreta il ruolo di un bidello alla ricerca di un riscatto sociale. Nel 1947, Fabrizi recita in Vivere in pace di L. Zampa, accolto bene dal pubblico, dalla critica internazionale e premiato con il Nastro d’Argento per il miglior soggetto (suo in parte). Il film parla dell’inutilità della guerra in un piccolo paese dell’Italia centrale che vive con i suoi ritmi naturali.
Sorto spontaneamente, il Neorealismo nasce e si sviluppa in Italia durante la seconda guerra mondiale, proseguendo sino al 1955 circa. Le trame sono ambientate fra le classi disagiate e lavoratrici, con ampie riprese negli esterni, mostrando le devastazioni belliche. Trattano la situazione economica e morale, riflettono sui sentimenti di speranza, riscatto, frustrazione, povertà, disperazione.
Fabrizi riceve il Premio per Speciali Meriti Artistici alla Biennale di Venezia, interpretando poi il drammatico Il delitto di Giovanni Episcopo (1947),tratto dal romanzo di D’Annunzio e diretto da Alberto Lattuada (al regista nel 1948 il Nastro d’Argento per miglior regia). Con Fabrizi recitano stelle di quel periodo come Yvonne Sanson, Rolando Lupi e Sordi.
Negli anni Quaranta, Fabrizi è anche richiesto per il doppiaggio, mentre nel 1949, esordisce alla regia con Emigrantes dove affronta la difficoltà dell’emigrazione italiana in Argentina. Firma sia soggetto che sceneggiatura, e recita con Ave Ninchi. Il film è ritenuto un pò retorico dalla critica anche se affronta un tema attuale negli anni dell’emigrazione italiana in Sud America.

Tra il 1948 e il 1957 dirige altri otto film, quali la trilogia sulle avventure della famiglia Passaguai, della quale fu anche produttore per la sua Alfa Film XXXVII, ad Hanno rubato un tram (1954), fino all’accorato e malinconico Il maestro… (1957), la sua ultima regia.
Vita da cani di Monicelli e Prima comunione di Blasetti
Definito un affresco del mondo dell’avanspettacolo è Vita da cani, un film commedia del 1950, diretto da Mario Monicelli e Steno. Con Fabrizi recitano Gina Lollobrigida, Delia Scala, Tamara Lees, Marcello Mastroianni.

Dalla rassegna stampa: “La vita da cani è quella che son costretti a condurre attraverso borgate e piccole città gli attori dei varietà di quart’ordine in perpetua lotta con i conti da pagare, le crisi della “prima donna”, il repertorio da mutare ad ogni nuova occasione secondo i gusti e gli umori del pubblico, il freddo, la fame, le terze classi dei treni e, non di rado… gli agenti di Pubblica Sicurezza. Una simile materia, ricca di umanità come di aspetti umoristici, è stata però trattata da Steno e Monicelli secondo la più facile formula farsesca, variamente mescolata ad elementi melodrammatici di cattiva lega e a sentimenti dolciastri derivati parte dai vecchi feuilletons e parte dai recenti giornali a fumetti“.
Prima comunione è invece un film diretto nel 1950 da Alessandro Blasetti. Nel film Fabrizi interpreta il commendator Carlo Carloni, padre di Anna, che deve fare la sua prima comunione ma che non ha ancora l’abito da cerimonia e il padre si intrappola in mille peripezie per procurarglielo. A Fabrizi va un Nastro d’Argento per migliore attore protagonista. Il film è inserito nella lista dei 100 film italiani da salvare.

Diventa anche il Tiranno Nicolaio, turgidamente crudele, nel film Francesco giullare di Dio, diretto da Rossellini nel 1950.
Fabrizi interpreterà poi quasi settanta film privilegiando sempre ruoli brillanti e comici, nei quali rappresenta la bonaria umanità del romano della ricostruzione e del boom economico.
Il sodalizio con Totò
Realizza una serie di film con grandi attori, come Totò, col quale recita nel celeberrimo Guardie e ladri (1951, di Steno e Monicelli). Il film considerato una delle prove migliori di Totò, narra la vicenda e il rapporto di amicizia di un ladruncolo Totò e della guardia bonacciona Fabrizi. I due protagonisti scoprono di avere molte cose in comune nella stessa miseria nonostante uno sia un ladro e l’altro una guardia. Tra Totò e Fabrizi nasce una sincera amicizia e un proficuo sodalizio artistico. Per anni faranno sorridere gli italiani descrivendo l’Italia della ricostruzione con i problemi e le amarezze e l’ironia che caratterizza gli italiani nelle situazioni di difficoltà.

Seguono sempre con Totò: Una di quelle (1953, diretto, prodotto, co-interpretato e co-sceneggiato da Fabrizi), I tartassati (1959, diretto da Steno), Totò, Fabrizi e i giovani d’oggi (1960, diretto da Mario Mattioli), Totò contro i quattro (1963, diretto da Steno). Con Totò è legato da profonda stima ed amicizia ed afferma: ” Lavorare con Totò è un piacere, una gioia, un godimento perché oltre ad essere quell’attore che tutti riconosciamo è anche un compagno corretto, un amico fedele e un’amina veramente nobile…“.
L’amicizia e la collaborazione con Peppino De Filippo
Un bel rapporto Fabrizi lo instaura anche con Peppino De Filippo con il quale recita Signori, in carrozza! (1951, diretto da Zampa) impersonando il capotreno dalla doppia vita, esilarante nei duetti con Peppino De Filippo. Recita sempre con Peppino nel film comico Accadde al penitenziario (1955, diretto da Giorgio Bianchi), in cui Fabrizi è Cesare Cantelli, l’agente di custodia apparentemente burbero ma d’animo buono e De Filippo è Otello che si è fatto arrestare di proposito perché considera il carcere un paradiso in cui vivere in pace e tranquillità.
In Guardia, guardia scelta, brigadiere e maresciallo (1956, regia di Mauro Bolognini), Fabrizi diventa il brigadiere Spaziani, De Filippo è invece la guardia scelta Manganiello, appassionato di musica classica e spesso dormiente sul lavoro. Sono tutti film ironici ma taglienti che fanno di Fabrizi uno dei protagonisti della Commedia all’italiana.

Un caratterista amato dagli italiani
L’artista recita anche in Altri tempi – Zibaldone n.1, un film collettivo del 1952, diretto da Blasetti. Si compone di otto episodi, più uno di collegamento, che si intitola Il carrettino dei libri vecchi, in cui Fabrizi interpreta un libraio ambulante, vecchio e nostalgico che mentre mostra ai suoi clienti alcune opere del passato, subisce scherzi da parte del turbolento figlio dell’edicolante. Ottiene grandissimo successo. Il film viene proiettato in Germania nel 1953 con il titolo Andere Zeiten, in Gran Bretagna col titolo Infidelity, negli U.S.A. col titolo Time goes by. Aldo Fabrizi lavora anche con il grande regista del muto Georg Wilhelm Pabst in : La voce del silenzio del 1953 e Cose da pazzi del 1954, dove interpreta un ruolo molto impegnativo e particolare, quello di un matto che si crede un primario ospedaliero.
Nel corso degli anni ’60 e ’70 Aldo Fabrizi recita in molti altri film in ruoli secondari dove evidenzia la sua romanità. Nel 1975, vince il suo secondo Nastro d’Argento per la sua interpretazione nel pluri-premiato C’eravamo tanto amati. Fanno parte del cast Nino Manfredi, Stefania Sandrelli, Stefano Satta Flores Il regista è Ettore Scola e gli sceneggiatori Age e Scarpelli. Il film vince tre Nastri d’Argento.
Nel 1973 impersona il ruolo del governatore nel film La Tosca, scritto e diretto da Luigi Magni, liberamente tratto dall’ omonimo dramma del francese Victorien Sardou, rivisto in chiave ironico-grottesca, come commedia musicale. Gli altri interpreti di rilievo sono Gigi Proietti, Monica Vitti, Umberto Orsini, Vittorio Gassman.
L’ultima interpretazione è in Giovanni Senzapensieri (1986), con la regia di Marco Colli. L’artista interpreta un doppio ruolo, quello del droghiere Armando e del fratello gemello. Nel cast i giovani Eleonora Giorgi (Claire) e Sergio Castellitto (Giovanni Senzapensieri dei duchi di Cantelmo).
Televisione e teatro
In televisione, Fabrizi appare la prima volta nel 1959 come interprete dello sceneggiato La voce nel bicchiere. Ritorna nel 1971, dove partecipa al popolare varietà del sabato sera Speciale per noi, diretto da Antonello Falqui, accanto a Ninchi, Paolo Panelli e Bice Valori.

In teatro, rimane memorabile il successo di Rugantino che viene rappresentato per la prima volta a Roma, al Teatro Sistina, il 15 dicembre 1962. Rugantino è Manfredi, Rosetta è Lea Massari, Mastro Titta, il boia papalino, è Aldo Fabrizi e Eusebia è Bice Valori. Per Fabrizi la critica commenta: “un’interpretazione eccellente, degna del suo nome e del suo passato“.

Fabrizi ritorna a recitare nell’edizione 1978 di questa commedia.
Tolto da questo mondo troppo al dente
Fabrizi rimane vedovo della sua amata Reginella nel 1981. Abita a Roma, in via Arezzo, nel quartiere Nomentano, nello stesso edificio dell’amica Ave Ninchi. Sofferente di insufficienza cardiaca e respiratoria, le sue condizioni peggiorano nel 1989. Ricoverato in una casa di riposo, il 2 aprile 1990, si spegne all’età di 84 anni. È tumulato al cimitero monumentale del Verano di Roma con l’epitaffio che riassume il suo spirito ironico, ma dolente: “Tolto da questo mondo troppo al dente“.
Di Lucilla Continenza e Judith Maffeis Sala