CRISTO SI È FERMATO A EBOLI. RaiPlay: la resilienza di Volontè/Carlo Levi

Tra le opere cinematografiche da vedere in periodo di resilienza e resistenza c’è CRISTO SI È FERMATO A EBOLI, disponibile su RaiPlay. Ieri è stato l’anniversario della nascita del protagonista Gian Maria Volontè, grande attore e uomo che ha fatto della recitazione una scelta di coerenza. Cristo si è fermato a Eboli è uno degli sceneggiati storici della Rai. Un analitico, pensante e misurato Volontè interpreta il ruolo impegnativo dello scrittore Carlo Levi. Dall’omonimo romanzo di Levi è tratto lo sceneggiato, andato in onda sulla Rai nel 1979.
Levi è stato un intellettuale antifascista torinese, allontanato dal governo di Mussolini, nel 1930, perché redattore di Giustizia e Libertà, giornale del movimento guidato da Carlo Rosselli. Viene costretto al confino in un paese sperduto e arretrato della Basilicata. Cristo si è fermato a Eboli, nella versione per la tv diretta da Francesco Rosi, narra proprio del periodo trascorso dallo scrittore in Lucania.
Carlo Levi e la resistenza isolata e silenziosa al Fascismo
Lo sceneggiato oltre ad avvalersi dell’interpretazione di un grande attore come Volontè, per il quale il “messaggio sociale” era una vera missione, è arricchito anche dalla recitazione di Lea Massari nel ruolo della sorella di Carlo Levi. Lo scrittore, anche pittore e medico viene confinato ad Aliano un paese povero e abbandonato a se stesso, come i tanti paesi della zona. La civiltà per Levi si è fermata alla stazione ferroviaria di Eboli in provincia di Salerno, da cui il titolo del famoso romanzo.

La vicenda narra di una realtà, per Levi, uomo colto del nord, completamente sconosciuta. L’antifascista entra infatti a contatto con le dinamiche culturali di una società contadina che nonostante l’arretratezza vive di vita propria. Vive con ritmi precisi e scanditi dalle stagioni più che dall’orologio. È un mondo pieno di superstizioni e di malaria. Levi che non aveva mai esercitato come medico, nonostante la laurea in medicina, si ritrova a curare la gente del luogo che poco alla volta lo apprezza e lo rispetta.
Lo scrittore conosce diversi personaggi come l’arciprete, uomo di cultura ma col vizio del bere, il carabiniere arricchitosi alle spalle dei contadini, la donna di servizio (Irene Papas), e il podestà, colto e sostenitore di Mussolini.

La vita del paese si muove parallelamente ai problemi della quotidianità che hanno a che fare con la più semplice vita contadina. Un raccolto che va a male può significare la fame, si trasforma in tragedia.
L’antifascismo e Volontè di Cristo si è fermato a Eboli
Il film è un’analisi attenta e introspettiva dello sguardo di Carlo Levi, a volte voce narrante, resa credibile da un misurato e convincente Volontè che non cede alla disperazione del momento. Lo scrittore reagisce a una situazione verso la quale può fare poco, utilizzando al meglio le sue competenze, prima come medico e poi come scrittore. A fare da sfondo c’è la Storia, quella di chi emigrato in America è poi ritornato perché è troppo difficile e doloroso staccarsi dalle radici. C’è l’Italia fascista incurante delle condizioni dei contadini e che invita i giovani all’onor di patria e ad arruolarsi nella guerra in Abissinia, con la promessa di un pezzo di terra.
Levi vive lontano dagli affetti fino a quando, un anno dopo, torna nella sua Torino, grazie a una fortuita amnistia. Nello scrittore rimarrà però sempre il ricordo di quella terra sconosciuta a Cristo che proprio con il suo libro più famoso fa conoscere a tutti.
Cristo si è fermato a Eboli è una visione necessaria per comprendere quella che è l’esperienza di chi vive senza libertà di parola. Levi si ritrova suo malgrado in un luogo in cui deve adattarsi, e lo fa mantenendo la speranza. È un ruolo che calza a pennello a un istrione come Volontè che interpretava con naturalezza sia il combattivo e passionale operaio della Classe operaia non va in paradiso che quello misurato ma altrettanto intenso del colto medico e scrittore. È questo, oggi più che mai, necessario esempio di resilienza.
Recensione di Lucilla Continenza