VITTORIO DE SICA. L’artista della ricostruzione italiana

VITTORIO DE SICA (1901-1974) è tra i padri del neorealismo e non solo. È stato ed è ancora un vero orgoglio italiano. Ricordarlo in questo periodo di guerra è necessario, visto che mentre siamo ancora lontani dall’obiettivo, si parla già di ricostruzione. Attore, sceneggiatore e regista è uno dei cineasti più importanti del cinema. Ci ha lasciato un’eredità importante influenzando scuole, registi ed autori. Rammentiamo chi lo ha apprezzato e seguito, nomi del calibro di: Kurosawa, Spielberg, Chaplin e Altman.

Vittorio De Sica e il cinema della ricostruzione
Elegante, di classe, poliedrico, giocatore incallito, autoironico, umile, scanzonato, intuitivo e geniale. Attore di teatro, interprete di commedie leggere, sceneggiatore e regista cinematografico, Vittorio De Sica viene ricordato in particolare dal pubblico e dalla critica per le sue regie di capolavori del neorealismo, utilizzati anche nelle facoltà di Scienze Sociali, come materiale didattico come Sciuscià, Ladri di Biciclette. Ma anche come uno dei registi della Commedia all’Italiana. Ricordiamo tra i tanti capolavori che ha diretto anche Miracolo a Milano, La Ciociara, Ieri oggi e domani, Matrimonio all’italiana, Il giardino dei Finzi Contini quest’ultimo tratto dall’omonimo romanzo di Giorgio Bassani.
Ha vinto tra i tanti, quattro Premi Oscar, una Palma d’Oro e un Orso d’Oro, ma è soprattutto considerato insieme a Luchino Visconti e Roberto Rossellini, uno dei padri del neorealismo italiano. Dopo la caduta del fascismo, l’Italia è in ginocchio come il resto del mondo. Con l’obiettivo di descrivere la realtà per quella che è diversi registi cominciano a proporre trame ambientate in massima parte fra le classi disagiate e lavoratrici, con lunghe riprese all’aperto. Vengono messi sotto contratto spesso attori non professionisti per le parti secondarie ma anche per quelle principali.

Gli esordi
Vittorio Domenico Stanislao Gaetano Sorano De Sica nasce a Sora (Frosinone). La sua famiglia come definisce lui stesso: “viveva in una tragica e aristocratica povertà“. I suoi genitori si adoperano affinché il figlio non soffra ma lui, consapevole, inizia a lavorare già giovanissimo. Nel 1914 la famiglia De Sica si trasferisce a Napoli e dopo il primo conflitto mondiale a Firenze e poi a Roma.
Vittorio De Sica tra teatro e cinema
La passione per la recitazione lo travolge e a 15 anni si esibisce in piccoli spettacoli, organizzati per i militari ricoverati negli ospedali. A Roma il giovane alterna le interpretazioni tra teatro e cinema e debutta a 16 anni sul grande schermo impersonando Clemenceau ne L’affaire Clemenceau (Il processo Clemenceau) del 1917 di Alfredo De Antoni. Ottenuto il diploma di ragioniere, De Sica, nel 1923, entra nella Compagnia Teatrale di Tatiana Pavlova, per due anni, interpretando ruoli ironici e comici che divertono molto il pubblico.

Nel 1925 entra come secondo attore brillante nella Compagnia di Italia Almirante, celebre diva del muto. Nel 1927, salendo di grado, è considerato secondo attor giovane nella Compagnia di Luigi Almirante, Sergio Tofano e Giuditta Rissone. Procede in ascesa e nel 1930 giunto al livello di primo attore, insieme a Guido Salvini, viene notato da Mario Mattioli, regista, sceneggiatore e impresario, tra i più popolari del suo tempo.
Mattioli è titolare della Compagnia Teatrale Za-Bum che sperimenta il mescolare la comicità degli attori del varietà al genere drammatico degli attori di prosa. Al fianco di Umberto Melnati, De Sica forma una coppia comica con gag e tormentoni. La canzone Lodovico sei dolce come un fico ed altri sketch radiofonici (Dura minga, dura no) sono cantati da tutti.
La commedia della pentologia borghese di Mario Camerini
Nel 1932, il famoso sceneggiatore e regista Mario Camerini chiama il giovane De Sica ad interpretare Gli uomini che mascalzoni. Definita dalla critica “commedia comico-sentimentale profumata di giovinezza e raccontata con garbo” riscuote subito un clamoroso successo e non solo in Italia. Nel film, De Sica canta Parlami d’amore Mariù, suo cavallo di battaglia. Grazie all’enorme successo, nel corso del tempo la canzone viene interpretata da vari artisti di grande fama. Viene tradotta anche nella versione francese, inglese e statunitense.

Gli uomini che mascalzoni è il primo film della Pentalogia borghese a cui seguono altri quattro film dello stesso genere: Darò un milione (1935), Ma non è una cosa seria (1936), Il signor Max (1937), I grandi magazzini (1939). Camerini sceglie come interpreti la coppia De Sica e la famosa attrice Assia Noris e il due riscuote molto successo. De Sica in queste commedie brillanti dimostra le sue eccezionali doti di umorismo e recitazione.
Nel 1933, l’attore 32enne fonda una sua Compagnia teatrale con la moglie Giuditta Rissone e Sergio Tofano, per rappresentazioni comiche.
Vittorio De Sica e il dopoguerra
Nell’immediato dopoguerra (1945-1956) partecipa a due spettacoli diretti da Alessandro Blasetti, Il tempo e la famiglia Conway di Priestley e Ma non è una cosa seria di Pirandello. Nella stagione 1946-1947 lavora con Visconti insieme Nino Besozzi e Vivi Gioi nello spettacolo Il matrimonio di Figaro di Beaumarchais e nella rivista Ah…ci risiamo! scritta da Oreste Biancoli. La sua ultima interpretazione sul palcoscenico, diretto da Mario Chiari, è per I giorni della vita di Saroyan e Il magnifico cornuto di Commelynck.
Tra il 1923 e il 1949 De Sica ha preso parte a oltre 120 rappresentazioni in commedie, spettacoli di rivista e drammi di prosa. Successivamente si occupa soltanto di impegni cinematografici e televisivi.
Il sodalizio con Cesare Zavattini
Nella storia del cinema rimane memore il sodalizio tra De Sica e lo scrittore/sceneggiatore Cesare Zavattini. È un rapporto che può essere definito un turbolento sodalizio magico. Zavattini, tra le figure più rilevanti del neorealismo italiano, è un narratore satirico, ironico, fortemente critico verso la società nei suoi aspetti umoristici. I due si incontrano nel 1939 e per De Sica Zavattini realizza una ventina di film, a cominciare dalle sceneggiature del film I bambini ci guardano (1943), i capolavori Sciuscià e Ladri di biciclette e Miracolo a Milano, tratto dal suo stesso romanzo Totò il buono, e Umberto D (1951). Zavattini considera il cinema una forma d’arte duttile e popolare. Quando De Sica è sul set e non sa come cavarsela con una scena difficile, telefona a Zavattini, pronto a descriverla nei minimi dettagli.

Il Cinema neorealista
Rossellini è stato definito il regista storico del neorealismo, mentre De Sica ne ha rappresentato il lato sentimentale. I temi toccati dal neorealismo riguardano la situazione devastante del dopoguerra italiano. La seconda guerra mondiale durata cinque anni provoca un cambiamento nei popoli e negli italiani. Il cinema italiano fa tesoro di questo nuovo termometro politico- sociale e fotografa povertà, disperazione, frustrazione, ma anche speranza, riscatto, desiderio di lasciarsi il passato alle spalle e di ricostruzione su nuovi valori e punti di riferimento.
Inizialmente i lungometraggi vengono spesso girati in esterno, sullo sfondo delle macerie. Cinecittà costruita per propaganda fascista nel 1937, era stata occupata subito dopo la fine della guerra dagli sfollati, e per il cinema non era momentaneamente agibile.
Vittorio De Sica: Sciuscià e Ladri di biciclette
Sciuscià
In Sciuscià (contrazione dall’inglese shoe shine, lustrascarpe), (1946) De Sica narra con delicatezza l’avventura fiabesca di due lustrascarpe nel difficile periodo del dopoguerra con un epilogo tragico. Il film affronta il delicato tema del disagio sociale in una Napoli sconvolta dalla guerra e dall’occupazione americana. Una narrazione documentaristica con attori presi per strada, location reali e nessuna ricostruzione fittizia.

Ladri di biciclette
Ladri di biciclette è il film emblema del Neorealismo e il più famoso, girato con molti attori non professionisti. De Sica descrive con commozione e pudore la storia di un padre disoccupato, a causa del furto della sua bicicletta, suo prezioso e unico mezzo di lavoro, e del suo figlioletto già piccolo uomo. Narra delle difficoltà, del disagio e dell’ingiustizia di certe situazioni, dove è il caso a premiare, e i più deboli perdono sempre. Il regista fotografa le strade di Roma e degli espedienti per sopravvivere. Ladri di biciclette ottiene nel 1950 il British Academy Film Award al migliore film, l’Oscar onorario e nel 1951 il Premio Bodil al Miglior Film non americano.
Vittorio De Sica: la fama internazionale
Nel 1953, De Sica dirige Stazione Termini con Jennifer Jones e Montgomery Clift e il film a episodi L’Oro di Napoli (1954) con Totò, Eduardo De Filippo e Sophia Loren. Nel 1960, De Sica dirige Sophia Loren ne l’indimenticabile La ciociara, tratto dal romanzo di Alberto Moravia, dove la giovane Loren interpreta la madre di una adolescente stuprata da soldati durante la seconda guerra mondiale. Con la ciociara Sofia Loren vince l’Oscar e la Palma d’Oro per la migliore attrice.

A De Sica giunge anche l’Oscar per il miglior film straniero nel 1963 con il film Ieri, oggi, domani, e Matrimonio all’italiana (1964) sempre con Sophia Loren e Marcello Mastroianni. Nella memoria collettiva è ancora lo spogliarello di Sophia Loren.
De Sica lavora anche molto con Alberto Sordi, lo produce e lo dirige anonimamente nel film Mamma mia che impressione (1951). Con Sordi De Sica recita in diversi film: Il conte Max, Il moralista e Il vigile. Sordi dirige De Sica nel 1967 in Un italiano in America. Il giardino dei Finzi Contini (1970) con Lino Capolicchio e Dominique Sanda vince un altro Oscar.
Vittorio De Sica attore in ruoli sarcastici e ironici della Commedia all’italiana
Nel corso degli anni ’50 De Sica come attore raggiunge un grande successo di pubblico con due film diretti da Alessandro Blasetti e Luigi Comencini, dove recita a fianco di Gina Lollobrigida: Altri tempi – Zibaldone n. 1(1952), nell’episodio Il processo di Frine. La commedia più famosa resta Pane, amore e fantasia (1953), dove diventa, con una vena di ironia, tutta italiana il maresciallo Carotenuto.

Sulla scia del grande successo dovuto anche all’intepretazione della bersagliera, maggiorata Lollobrigida arrivano i due sèguiti Pane, amore e gelosia del 1954, e Pane, amore e… del 1956, dove recita con Sophia Loren. Da memzionare anche la sua interpretazione al fianco di Totò in I due marescialli (1961).
Come attore De Sica partecipa a più di 150 film e nella parte finale della carriera artistica interpreta anche ruoli secondari, come Dracula cerca sangue di vergine…e morì di sete di Paul Morrissey (1974). L’ultimo film diretto da De Sica è la riduzione di una novella di Luigi Pirandello Il Viaggio (1974), interpretato da Loren accanto a Richard Burton.
Vita Privata
Vittorio De Sica si sposa una prima volta il 10 aprile 1937 con l’attrice torinese Giuditta Rissone, dalla quale un anno dopo ha la figlia Emilia. Nel 1942, su set del film Un garibaldino al convento conosce l’attrice catalana Maria Mercader, con la quale inizia a convivere. Nel 1954 ottiene in Messico il divorzio dalla Rissone e nel 1959 si sposa, sempre in Messico, con la Mercader.
L’unione è ritenuta nulla dalla legge italiana e nel 1968, ottenuta la cittadinanza francese può sposarsi con Maria Mercader. Nel frattempo nascono due figli: Manuel nel 1949, scomparso prematuramente nel 2014 e il noto artista Christian nel 1951. Seppur divorziato, De Sica non rinuncerà mai alla sua prima famiglia, costruendo così un doppio ménage con doppi pranzi nelle feste.

Il grande artista muore a 73 anni a Neuilly-sur-Seine. Ettore Scola gli dedica il suo capolavoro C’eravamo tanto amati. Il figlio Christian ha precisato: “papà era comunista e questo impedì un funerale fastoso“. Annarosa Morri e Mario Canale gli hanno dedicato il documentario Vittorio D, presentato alla 66ma Mostra Internazionale di Venezia e successivamente trasmesso da LA7. La sua salma riposa al cimitero monumentale del Verano a Roma.
Di Lucilla Continenza e Judith Maffeis Sala
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