I PROMESSI SPOSI ALLA PROVA. Il ritorno di Testori al Parenti di Milano

I PROMESSI SPOSI ALLA PROVA, un classico del teatro di Giovanni Testori, per la regia di Andrée Ruth Shammah è nuovamente in scena al Teatro Franco Parenti di Milano, in sala grande, fino a domani 23 febbraio. Sul palco, in questa rappresentazione di metateatro, del drammaturgo lombardo, recitano: Luca Lazzareschi (Il maestro), Laura Marinoni (Gertrude), Carlina Torta (Agnese). Con i tre attori, sono “alla prova” anche i giovani e talentuosi Filippo Lai (Renzo), Nina Pons (Lucia), Sebastiano Spada (Don Rodrigo) e Claudia Ludovica Marino (Perpetua). La scena (la stessa della prima rappresentazione) è curata da Gianmaurizio Fercioni.
La drammaturgia è stata presentata per la prima volta nel 1984. Un gruppo di attori guidati da un attento e infaticabile maestro (Lazzareschi) provano la rappresentazione del classico della letteratura italiana, tra provvidenza e speranza, come conclude sia Manzoni che lo spettacolo. Si tratta quindi di un classico del teatro che parla indirettamente di un altro classico che o si ama o si odia per complessità e anche difficoltà della narrazione. Nella rappresentazione diretta da Shammah, che con Testori e Franco Parenti è stata fondatrice del Parenti di Milano,gli attori recitano in uno spettacolo complesso. Basti pensare alla durata che è 2 ore e 40 minuti senza intervallo.
La storia dei Promessi Sposi è risaputa, o così dovrebbe. Renzo e Lucia due innamorati “su quel ramo del lago di Como che volge…”, l’incipit più famoso della letteratura italiana dopo “Nel mezzo del cammin di nostra vita” di Dante, vivono un amore contrastato. Siamo nel 1600 tra Lecco e Milano e la peste miete vittime e fa da falce.
“Questo matrimonio non sa da fare” fa dire Manzoni ai Bravi, per leggerezza e delirio di onnipotenza di Don Rodrigo, che pagherà alla fine forse grazie o a causa della provvidenza. Di nero vestita, risale poi da una botola, la tenebrosa e cupa Gertrude, Monaca di Monza, appassionata Marinoni, ammalata di amor profano.
Riducendo ai minimi termini, Testori e Manzoni raccontano una storia di soprusi, di forti e deboli. È una condizione che si ripete all’ infinito. Anche la peste del 1600 pare attuale alla luce dei fatti di questo periodo che stanno allarmando il mondo intero. Sul palco nota di merito va a Lazzareschi che guida instancabile e con attenzione il giovane gruppo di attori.
Come scrive Shammah: “Per quanto lontano da noi e dallo spirito del nostro tempo, un classico è tale perché capace di risvegliare dubbi ed emozioni proprie a tutti gli esseri umani, in qualsiasi epoca. Testori ha accolto, tradito o tradotto le parole di Manzoni in una nuova forma che rende contemporanee e facilmente comunicabili verità antiche di cui abbiamo nuovamente bisogno”. Di mio non ho mai particolarmente amato I promessi sposi, forse per generazione d’appartenenza o perchè sono anch’io semplice figlia e vittima di questi tempi.
La rappresentazione dello spettacolo è un esempio di teatro ben curato nei dettagli, che sta tra passato e moderno nel suo voler essere metateatro, quindi coraggioso anche nell’ironizzare sulla creazione della messinscena. Toglie infatti alla “messa in scena” la cifra di sacralità, quell’aura che si presuppone appartenere alla costruzione della rappresentazione. La difficoltà sta invece nell’aver volutamente rappresentato lo spettacolo come era nel 1984, ovvero 36 anni fa. Sono anni che rappresentano un mutamento antropologico culturale notevole.
Lo spettacolo che è stato pensato per arrivare a un pubblico giovane “pecca” di una lunghezza a cui non si è più abituati e che mette alla prova lo spettatore di oggi. Siamo sempre più educati al mordi e fuggi e diventati poco capaci all’approfondimento. Al contempo parlare dell’opera manzoniana in un “tempo piccolo” sarebbe stato ovviamente riduttivo, e quindi poco efficace. Si tratta di una rappresentazione che come afferma la stessa registra è di questi tempi necessaria: “Ci sono momenti storici in cui alcuni testi ci sembrano necessari; la prima volta che ho messo in scena I Promessi sposi alla prova con Franco Parenti ne sentivo la necessità e la sento oggi, come e forse più di allora. Testori ha accolto, tradito o tradotto le parole di Manzoni in una nuova forma che rende contemporanee e facilmente comunicabili verità antiche di cui abbiamo nuovamente bisogno. Con questo spettacolo, non solo si vuole restituire al pubblico uno dei capisaldi della letteratura italiana e far conoscere e amare la riscrittura di Testori, ma si intende esortare a camminare con una nuova consapevolezza nel nostro tempo e a riscoprire i fondamenti del Teatro, come lo intendo io ancora e sempre di più”.
I promessi sposi alla prova resta un classico del teatro e che come tutti i classici va amato e apprezzato come è e per quel messaggio che forse è sempre lo stesso, ma proprio perché necessario alla consapevolezza, o all’arricchimento del pensiero, va continuamene ripetuto.
Ricordiamo il lavoro di Camilla Piccioni alle luci. Le musiche sono invece a cura di Michele Tadini e Paolo Ciarchi. I costumi sono stati scelti dalla regia dal materiale di sartoria del Teatro gestita da Simona Dondoni. Si tratta di una produzione Teatro Franco Parenti/Fondazione Teatro della Toscana, con il sostegno dell’Associazione Giovanni Testori.
Recensione di Lucilla Continenza