Vuccirìa Teatro e l’omosessualità. IO, MAI NIENTE CON NESSUNO AVEVO FATTO, al Parenti di Milano

IO, MAI NIENTE CON NESSUNO AVEVO FATTO è uno spettacolo di Vuccirìa Teatro, compagnia fondata da Joele Anastasi, con Enrico Sortino e Federica Carruba Tosacano. Vuccirìa Teatro propone una drammaturgia contemporanea in lingua siciliana. È in scena al Parenti di Milano fino al 26 febbraio. Si tratta di una produzione Teatro di Napoli-Teatro Bellini.
La rappresentazione è un dramma molto toccante. Affronta infatti l’omosessualità, l’emarginazione, la malattia e l’amore, in una Sicilia, quella degli anni ’80, dove la famiglia tradizionale è l’unico modello socialmente accettato. Si tratta di un tema attuale visto che la propaganda dell’ultimo periodo tende ancora verso questo modello. Lo spettacolo di Anastasi, artista completo e preparato, ha vinto diversi premi. Ricordiamo quelli per la Migliore Drammaturgia e Miglior Attore al Roma Fringe Festival nel 2013 e per Best Show al San Diego Fringe Festival (USA) nel 2014.
Io, mai niente con nessuno avevo fatto: sinossi
Vucciria teatro propone un incalzante e emozionante racconto. Un giovane e ingenuo catanese, Giovanni (Anastasi), scopre e vive la sua omosessualità di “femminniello” in una realtà dove la libertà sessuale non è stata ancora sdoganata. Il giovane ha sempre avuto un rapporto esclusivo con la cugina Rosaria (Carruba Tosacano), una bella ragazza dal seno prosperoso, a cui non sfugge, fin da ragazzina. la diversità del cugino. Rosaria e Giovanni adorano ballare. Giovanni o “Giovanniello” è uno spirito puro e delicato, libero e caratterialmente gioioso, nonostante l’ottusità del mondo che lo circonda. Vorrebbe avere le “zinne” della cugina. È vittima di bullismo, di violenza sessuale, ma continua a sorridere alla vita.

Giuseppe (Sortino) è un insegnante di danza “maritato” con una “femmina”, a cui però piace fare sesso con i ballerini della sua scuola, farà sperimentare al protagonista per la prima volta la sua sessualità e l’amore. Giovanni si scontrerà nuovamente con il duro principio di realtà, provando sulla sua pelle quanto il mondo e i sentimenti possano essere crudeli e egoisti, soprattutto se si è giovani indifesi e sognatori. Il protagonista, contaggiato dall’AIDS, non avrà più il tempo per i sogni e subirà l’ottusità e il ripudio del suo unico amore. Racconta Giovanni: “Mai niente con nessuno avevo fatto”, prima di incontrare il suo “masculo”, etero confuso e promiscuo ballerino.
Le diverse sfumature della sessualità
Lo spettacolo di Vuccirìa Teatro si avvale di una recitazione travolgente e senza pudore, in una scena quasi spoglia. Tutto si basa sulla narrazione dal forte impatto scenico e sulla bravura degli attori, potenti e carismatici. Anche le musiche e le luci svolgono un ruolo fondamentale. I personaggi raccontano la loro storia che si intreccia solo nella narrazione, attraverso il monologo. Sulla scena il personaggio che racconta viene illuminato.

È una denuncia al retaggio maschilista e ipocrita, un’analisi sull’omosessualità nelle sue diverse sfaccettature. Giovanni si sente donna, e vive, nonostante la bruttura, sempre con tenero incanto. Giuseppe è, a suo dire, un vero maschio alfa. Forse è bisessuale, forse omosessuale o forse semplicemente un egoista che vive il sesso come forma di subordinazione a prescindere. Rappresenta quindi lo stereotipo “dell’uomo che non deve chiedere mai”, come recitava una famosa pubblicità di anni fa. Giuseppe, oltre al rapporto con la moglie, vive relazioni (segrete) con bei “deretani” allenati, come fanno altri personaggi evocati nella drammaturgia. Rosaria rappresenta invece la donna volitiva, forte, energica; troppo per una società che la riduce allo stereotipo condiviso del suo genere: la mancanza di rispetto, la violenza.
Vuccirìa Teatro: la caratterizzazione pulita dei personaggi
Lo spettacolo evidenzia il grande talento degli attori di Vuccirìa Teatro, artisti che propongono un lavoro curato e ben costruito e di grande impatto. La drammaturgia cade però un po’ nella retorica e nella caratterizzazione eccessiva dei personaggi, che appaiono fin troppo delineati.

È una scelta dell’autore che se da un lato è un punto di debolezza, dall’altro è quella più efficace per esprimere in modo chiaro un tema tanto generalizzato come quello dell’omosessualità. La sessualità è spesso pensata, dal senso comune, senza sfumature, mentre “contro natura” riprendendo il titolo di un libro dell’antropologo Francesco Remotti, può derivare da una costruzione culturale, quindi sociale. È un tema che richiede una complessa analisi storica, antropologica e psicologica dei tanti modi di vivere la sessualità nel tempo e nello spazio.
Di Lucilla Continenza