Arizona. Una tragedia musicale non solo americana, all’Elfo di Milano

Arizona. Una tragedia musicale non solo americana, all’Elfo di Milano
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Arizona. Una tragedia musicale americana, con Laura Marinoni e per la regia e l’interpretazione di Fabrizio Falco, è in scena fino al 1 dicembre al teatro Elfo Puccini di Milano. Lo spettacolo (tra il “fintamente surreale” e il distopico) è tratto dal famoso testo di Juan Carlos Rubio, tradotto da Giorgia Maria D’Isa con Pino Tierno. Le scene e i costumi sono di Eleonora Rossi, le luci di Vincenzo Bonaffini. Angelo Vitaliano si è occupato delle musiche e del suono. Si tratta di una produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione.

La sera della prima, andata in scena il 19 novembre, Marinoni, artista che vanta numerosi riconoscimenti, ha ricevuto l’ambito premio come migliore attrice della stagione, dall’Associazione nazionale critici di teatro (ANCT). Il premio le è stato conferito per aver presentato in tre precedenti spettacoli, personaggi femminili dalle caratteristiche completamente diverse. Cosa che sottolinea la grande versatilità recitativa dell’attrice.

Arizona
Laura Marinoni

Arizona. Storia di confini territoriali, culturali e mentali

Arizona è uno spettacolo molto attuale e che affronta un tema scottante come la xenofobia: la paura del diverso e relative conseguenze culturali e personali. L’ambientazione è la frontiera degli Stati Uniti, in Arizona, nel deserto, dove c’è molta migrazione clandestina dal Sud America. Arizona, anche se la drammaturgia parla della cultura americana, può essere trasfigurato in qualsiasi luogo del mondo dove l’altro viene considerato un pericolo da cui difendersi e da uccidere se necessario.

Arizona: una scena

Sul palco una tipica coppia americana, George (Falco) e Margaret (Marinoni). Lei gentile, caritatevole, succube del marito “vero maschio” e armato. Entrambi fanno parte del progetto Minute Man, una milizia di volontari che esiste negli Stati Uniti già dal 2004 e che ha il compito di difendere i confini americani e verificare gli ingressi illegali dal Sud America.

Arizona e l’intimità culturale americana

I protagonisti si trasferiscono quindi in un appostamento nel caldo deserto dell’Arizona, e portano con loro quelli che sono i simboli della loro cultura: un grande frigorifero con fresca Coca Cola, la bandiera americana, una radio con musiche nazional popolari e notizie, e il fucile con licenza di uccidere.

L’uomo è un vero patriota, convinto di essere nel giusto anche quando costringe la moglie a un rapporto sessuale, (come tra animali), con lei che lo accontenta con abitudinaria rassegnazione. L’epilogo lascia lo spettatore sbigottito. Chi odia, odia anche se stesso

Tra incomunicabilità, patriottismo e apatia

Arizona è una rappresentazione “sul reale” portato agli eccessi. Il tema affrontato, la paura del diverso, nasconde però altri problemi culturali più gravi che aleggiano nella società che cerca pace in un capro espiatorio, non riuscendo a guardarsi dentro. Certo questa è una considerazione generale se partiamo dal presupposto antropologico che la cultura ci forgia. Il punto di vista se viene spostato sulle caratteristiche caratteriali dei personaggi riproduce, sempre antropologicamente parlando, un ‘”intimità culturale” preoccupante quando la caccia al nemico diventa il senso della vita. Incapacità o impossibilità di uscire dagli stereotipi sociali? Il dibattito è controverso.

I protagonisti sono ovviamente personaggi stereotipati e molto diversi. Lei è soave e altruista, in abito svolazzante e cappellino rosso, che fa tanto signora per bene. Ama Julie Andrews, (simbolo della bontà americana) ma non ha la forza di contraddire l’uomo con cui ha di fatto deciso di condividere la vita.

Arizona
Arizona: una scena

L’incomunicabilità è evidente. È una relazione malata (come tante) e che si regge proprio su un rapporto di subordinazione. L’uomo che difende la patria dallo straniero con un fucile, è lo stesso marito che tratta la sua donna come se fosse una sua proprietà, nella convinzione di amarla. Ed è questo il dramma.

Siamo Cultura o Natura?

Quello che siamo nel sociale, riaffiora uguale nella vita personale? Cultura o natura? La donna cerca di dire la sua, il suo mondo è fatto ancora di sogni e cose belle, ama. Il suo è un mondo di solidarietà. L’universo interiore di Margaret si scontra troppo però con quello del marito che non ha altro scopo che dare la caccia al diverso, che nello spettacolo è solo evocato. Esisterà?

I bravi attori recitano due ruoli di fatto profetici se pensiamo che Rubio ha scritto il testo nel 2005. Ai tempi presidente era Bush, e oggi con Trump e la xenofobia dilagante i muri sono ancora più alti. C’è poi una relazione tra questa ondata culturale di odio verso il diverso e l’aumento del femminicidio? Domanda che merita un’analisi seria.

Arizona: La riflessione di Fabrizio Falco

Termino questa recensione con l’acuta osservazione del regista, protagonista di Arizona sul rapporto tra teatro e realtà: “La mia convinzione è che proprio il filtro della teatralità debba essere gradualmente abbattuto, in funzione di un linguaggio più diretto e più vicino all’esperienza di noi tutti. Nel momento in cui i conflitti che vediamo in scena appaiono affini ai nostri, il palcoscenico si trasforma in uno specchio della realtà, nel quale riconoscersi.

Fabrizio Falco

Conclude il giovane regista: “Una storia aspra di dipendenza reciproca, di un rapporto coniugale patologico frutto di una società malata, impaurita e intollerante. Basta guardarsi intorno per accorgersi quanto tutto questo sia vicino a noi”. Come dargli torto?

Di Lucilla Continenza

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