HARROGATE. Le pervesioni di un uomo all’Argot di Roma

HARROGATE. Le pervesioni di un uomo all’Argot di Roma
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HARROGATE. Torna a Roma Harrogate, seconda fatica registica di Stefano Patti. Lo spettacolo sarà in scena fino al 17 novembre, nella cornice intima dello storico Teatro Argot di Trastevere. Il teatro firma anche la produzione. La drammaturgia, dell’inglese Al Smith, viene sapientemente restituita al pubblico nostrano da Marco Quaglia e Alice Spisa (qui anche in veste di traduttrice) e si conferma uno degli appuntamenti di rilievo della stagione epico-teatrale del Teatro Argot ARGO(t)-NAUTICHE – Cronache dal mondo sommerso. La rappresentazione aveva già debuttato lo scorso anno nella XVII edizione della rassegna Trend diretta da Rodolfo Giammarco, con ottimo successo.

Harrogate

Anatomia di un dramma in tre movimenti

Harrogate: sinossi

Un uomo che aspetta in un salotto spoglio, al centro un’isola bianca di una contemporaneità “chirurgica”, tre donne diverse a cui offrire tre diversi modi di celare un’unica grande perversione. Il sipario di Harrogate si apre sulla coscienza del protagonista, dilaniata da un desiderio segreto che scava nell’intimo fino a minarne l’integrità morale. Questo desiderio mette a rischio ciò che ha di più caro, la sua famiglia, perché da quando sua figlia quindicenne è andata ad Harrogate con il suo ragazzo per festeggiare San Valentino è cambiato tutto. Sul piattume di una vita da casalingo, sulla monotonia di un matrimonio in cui non si fa più sesso si innesta una terribile verità. L’uomo è geloso di sua figlia perché la desidera. La desidera come non desidera più nessun altro. La desidera come ha desiderato una sola altra volta nella vita: quando conobbe sua moglie trent’anni prima.

Harrogate

Nell’arco di un unico pomeriggio, vediamo l’uomo muoversi sgraziatamente tra la necessità di abbandonarsi alla sua perversione e il desiderio di sotterrarla con tutte le forze. Sperimenta il bisogno ossessivo con una operatrice sessuale ingaggiata per interpretare la figlia, reprime i suoi impulsi di fronte alla figlia, tenta di trasferirne le spinte lussuriose su una moglie sfiorita e inaridita dal lavoro. Ossessione, Repressione, Lussuria: al termine di quei tre incontri, non rimane che l’uomo solo, nella sua disarmante fragilità. È come “vedere qualcuno che scompare davanti a sé stesso”.

Il gusto britannico per l’azione verbale

Si conferma vincente il connubio artistico tra Patti e Marco Quaglia, già compagni di scena nel 2015 con Echos (che ha visto il debutto alla regia di un giovanissimo Stefano) ora affiancati dall’ottima Alice Spisa, premio Ubu nel 2013. In Harrogate l’attrice è alle prese con il difficile compito di dover assomigliare a sé stessa in modi diversi, lavorando sottilmente sui registri vocali e regalandoci tre interpretazioni valide e ben calibrate. Colpisce soprattutto la grande sinergia con Marco Quaglia, “umanissimo” e generoso nella radiografia del suo dramma interiore. Di volta in volta ci rende spettatori di una imbarazzata tensione sessuale, di un intenso rapporto padre-figlia e di una grande complicità genitoriale. Il compito di riempire la scena è lasciato, semplicemente all’azione verbale.

In Harrogate la sensazione è di trovarsi di fronte ad una pièce che ruba molto al linguaggio cinematografico e seriale (e non stupisce che l’autore Al Smith si sia formato presso la BBC Writers Academy). Stefano Patti rende giustizia al testo con una messa in scena nella migliore tradizione del teatro britannico, dal gusto tutto inglese per una recitazione ipernaturalistica e dai tempi comodi fino alla pulizia degli ambienti scenici, perché al centro ci sia unicamente l’interpretazione e il dramma si compia ogni sera, con la sua disarmante umanità, sotto le impietose luci fredde di Paride Donatelli.

Harrogate
Stefano Patti

Si avverte la necessità per il pubblico romano di poter esperire di più operazioni come questa, alla quale forse non si è ancora sufficientemente abituati. Il tentativo di Patti, Quaglia e Spisa (tutti legati a filo stretto all’ambiente teatrale britannico) risulta encomiabile e interessante per una platea italiana che ancora risente troppo del digiuno dalle esperienze drammaturgiche contemporanee di respiro europeo.

Di Luisa Casasanta

Per informazioni e prenotazioni: Teatro Argot Studio

www.ildogville.it

ildogville.it

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